Scorrendo le pagine della ricerca,
giunta alla quarta edizione, si scopre che spesso l'Italia non sa di
essere innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e
vincente.
L’Italia è tra i primi dieci Paesi
al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo: solo il 13% degli
italiani ne è consapevole, e addirittura quasi uno su due (45%) la
ritiene una notizia poco attendibile. Siamo il primo Paese europeo
per riciclo di rifiuti col 76,9% del totale di quelli prodotti: ma
solo un italiano su 10 lo sa e addirittura il 51% ritiene questa
notizia non credibile. Al tema della consapevolezza si aggiunge
insomma quello della fiducia.
Eppure all’estero cresce la domanda
di Italia. In base all’analisi svolta sulle ricerche effettuate su
Google, il numero di quelle legate al made in Italy e alle parole
chiave a esso riconducibili – un fondamentale indicatore della
notorietà e del desiderio dei prodotti italiani nel mondo – è
cresciuto del 56% tra il 2015 e il 2018.
Da record il surplus commerciale
manifatturiero, quello dell’Italia è infatti il quinto al mondo -
con 106,9 miliardi di dollari - dietro alla Cina, alla Germania, alla
Corea del Sud e al Giappone.
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La Battista Pininfarina a Torino |
“L’export nazionale è aumentato di
quasi il 60% in 10 anni - ha detto Giuseppe Tripoli, segretario
generale di Unioncamere - passando da un saldo negativo a un saldo
positivo di circa 39 miliardi di euro. Il nostro Paese vanta quasi
mille prodotti su 5mila ai primi posti nel mondo in termini di saldo
commerciale. L’Italia ha un forte orientamento all’innovazione,
attestato dalle sue 38mila imprese manifatturiere innovatrici e
dall’utilizzo di oltre 64mila robot industriali. Ma è anche un
Paese che sa far crescere le proprie tradizioni, come mostra il
primato dell’agricoltura, soprattutto biologica, e che, di anno in
anno, conferma la propria attrattività turistica, posizionandosi ai
primi posti nel mondo grazie al crescente numero di pernottamenti di
viaggiatori non europei (oltre 65 milioni di notti)”.
AMBIENTE E INNOVAZIONE- L'Italia, con il
76,9%, è il paese europeo con la più alta percentuale di riciclo
sulla totalità dei rifiuti, più del doppio della media comunitaria
(36%). Con il 18,5% di materia seconda sui consumi totali di materia
delle imprese, siamo anche primi tra i grandi Paesi europei per tasso
di circolarità dell'economia. Un riuso di materia che comporta un
risparmio pari a 21 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a
58 milioni di tonnellate di CO2. A questi risultati si aggiunge un
altro primato europeo legato alla dematerializzazione dell'economia:
ogni kg di risorsa consumata, genera 4 euro di Pil, contro una media
Ue di 2,24 euro e un dato della Germania di 2,3 euro.
Tutti dati che parlano di sostenibilità
ambientale ma anche di efficienza economica, produttiva e di
innovazione. Un quadro destinato a migliorare ulteriormente,
considerando le oltre 345.000 imprese italiane dell’industria e dei
servizi che hanno investito nel periodo 2014-2018 in prodotti e
tecnologie green. Inoltre, secondo la International Federation of
Robotics l’Italia detiene un importante sesto posto, a livello
mondiale, per stock complessivo di robot installati (64.356 nel 2017,
ultimo anno disponibile). L’Italia è preceduta soltanto da Cina,
Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Germania, tutti Paesi con
gigantesche industrie dell’automotive e dell’elettronica per
natura caratterizzate da un’elevata densità di robot.
Ma l’Italia primeggia nei suoi campi
di specializzazione, essendo quarta al mondo con 7.023 robot
installati nell’alimentare-bevande-tabacco, a poca distanza dalla
Germania. Inoltre, siamo secondi solo alla Cina nel
tessile-abbigliamento-pelli-calzature e alla Germania nel
legno-arredo; e siamo quinti nella metalmeccanica. La crescita dei
robot in Italia negli ultimi tre anni è stata impressionante: +48%
nell’alimentare; +27% nella moda; +21% nel legno-arredo; +23% nella
metalmeccanica.
TURISMO - Il turismo continua a
essere una delle principali leve di attrazione del nostro Paese e il
contributo diretto del turismo al Prodotto interno lordo dell’Italia,
secondo i dati elaborati dal World Travel and Tourism Council, nel 2018 ammonta a 99 miliardi di euro (pari al 6% circa della produzione
nazionale), mentre se consideriamo anche le ricadute dirette e
indirette (prodotti e servizi intermedi, spesa pubblica,
investimenti, ecc..) l’intero comparto “viaggi e turismo”
arriva a rappresentare il 13,2% del Pil, con un valore pari a 232,2
miliardi.
Scomponendo il Pil generato dal turismo
italiano, osserviamo che nel 2018 esso è originato per l’80% dai
viaggi di piacere, per un valore di 141,1 miliardi di euro ed il
restante 20% da viaggi d’affari (37,3 miliardi).
L’Italia è il primo Paese per numero
di siti classificati dall’Unesco nella lista del patrimonio
culturale mondiale: 54, davanti alla Cina (53), alla Spagna (47),
alla Francia (44) e alla Germania (44). Sono 4.889 i musei e gli
istituti similari, pubblici e privati, aperti al pubblico nel 2017:
di questi, 4.026 sono musei, gallerie o collezioni, 293 aree e parchi
archeologici e 570 monumenti e complessi monumentali. Una vocazione
alla cultura che si fa economia e che contamina anche altri settori,
come la manifattura.
AGROALIMENTARE - Le eccellenze
agroalimentari italiane originano dal sistema primario: agricoltura,
silvicoltura e pesca. La rilevanza di tale sistema riguarda
innanzitutto l’occupazione. In Europa, quasi un occupato su 10 è
italiano: infatti nell’Unione Europea si contano circa 10 milioni
di occupati e ben 917mila sono localizzati in Italia. Tra le cinque
grandi economie europee, l’Italia è al primo posto per numero di
occupati. Al secondo posto si colloca la Spagna con 764mila e al
terzo la Francia con 752mila, mentre a maggiore distanza si
posizionano la Germania con 617mila e il Regno Unito con 388mila
unità.
L’Italia è il Paese con il maggior
numero di riconoscimenti dell’Unione europea per le specialità
agroalimentari e, in particolar modo, per i vini: più di un prodotto
certificato su quattro è italiano (una specialità alimentare su 5 e
un vino su 3). I prodotti alimentari italiani a denominazione di
origine e a indicazione geografica sono 299, di cui 167 DOP e 130 IGP
a cui si aggiungono anche due STG. Nel comparto del vino l’Italia
conta ben 526 riconoscimenti, di cui 408 DOP e 118 IGT. In Italia è
generato quasi un quinto del valore aggiunto dell’intero sistema
agricolo dell’Unione Europea: su un totale stimato pari a 182,3
miliardi nel 2018, l’Italia contribuisce per il 17,7%, la Francia
per il 17,6%, la Spagna per il 16,6%, la Germania per il 9,2% e il
Regno Unito solo per il 5,9%. Peraltro, la leadership italiana
origina da un trend di lungo corso. Nel periodo 2008-2018, l’Italia
ha conquistato stabilmente il primo posto in Europa (a parte gli anni
difficili 2010 e 2011) in quanto ha sempre superato la Francia, anche
se a volte di stretta misura.
Le esportazioni di prodotti
agroalimentari segnano un nuovo record nel 2018: 41,8 miliardi di
euro. L’agroalimentare vale quasi un decimo (9%) di tutte le
esportazioni italiane (circa 463 miliardi). Le performance positive
sono confermate nel lungo periodo: le esportazioni sono passate da
26,3 miliardi nel 2008 a 41,8 miliardi nel 2018, ovvero sono
aumentate di circa 15,5 miliardi (+59%). La crescita è stata
pressoché ininterrotta e particolarmente positivi sono i risultati
degli ultimi anni.
TERRITORIO E COESIONE- Da
qualche anno, questo rapporto racconta come nelle nostre società la
produzione di valore economico e quella di valore sociale non sono
più disgiunte, ma camminano assieme, attivando dinamiche
collaborative trasversali e multidirezionali che coinvolgono una
pluralità di soggetti. Uno di questi è senza dubbio il settore non
profit: un comparto che, negli ultimi anni, non solo è cresciuto in
termini di occupati e di rilevanza economica, ma è stato in grado di
esprimere un dinamismo, che ha aiutato il nostro Paese a contrastare
gli effetti della crisi economica ed occupazionale.
Secondo le indagini di Symbola e
Unioncamere, le imprese coesive hanno maggiore fiducia nel futuro e
si aspettano migliori performance economiche (fatturato e export) e
occupazionali. Un aumento del fatturato del 31% è atteso per il 2019
dal 31,0% delle imprese coesive contro il 13,9% nel caso di quelle
non coesive. Migliori risultati economici che si riflettono in campo
occupazionale, perché il 20,9% delle imprese coesive prevede una
crescita degli occupati contro il più ridotto 8,8% relativo alle
imprese non coesive.
INDUSTRIA - Anche nel 2018 ,il
principale contributo all’export e al saldo commerciale italiano è
stato dato dalle quattro grandi aree di eccellenza manifatturiera del
nostro Paese grazie alle quali la bilancia commerciale italiana ha
chiuso l’anno con un attivo di 38,9 miliardi di euro, riuscendo a
compensare lo storico deficit “energetico” (pari a 45 miliardi
nel 2018) e il passivo dei settori di minore specializzazione del
nostro Paese (53 miliardi). In particolare, nel 2018 il surplus delle
quattro aree è stato pari a 137 miliardi di euro, di cui oltre il
60% generato dal comparto della Automazione-meccanica-gomma-plastica
(84 miliardi), seguito dall’abbigliamento-moda (29 miliardi),
dall’Arredo-casa (13 miliardi) e dall’Alimentare-vini (11
miliardi).
ARTE E CULTURA - Le imprese che
costituiscono il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano
sono 416.080, corrispondenti a una quota del 6,8% su quelle
complessivamente registrate nel nostro Paese. Rispetto al 2017,
quando la quota era del 6,7% si è registrato un incremento nello
stock dello 0,2%. Si tratta, riprendendo la nomenclatura utilizzata
in premessa, di 291mila imprese core (il 4,8% delle imprese italiane)
e di un totale stimato di oltre 125 imprese creative driven (il 2,0%
delle imprese italiane).
Ma la cultura ha un effetto
moltiplicatore, pari a 1,8, sul resto dell’economia: per ogni euro
prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 in altri settori. Quindi, i
95,8 miliardi ne ‘stimolano’ altri 169,6 per arrivare a 265,4
miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, il 16,9% del
valore aggiunto nazionale, col turismo come primo beneficiario di
questo effetto volano. Un effetto competitivo confermato anche dal
fatto che le aree geografiche dove maggiore è il fatturato della
cultura sono anche quelle dove è forte la vocazione manifatturiera.