| 03 luglio 2021, 09:30

Il delitto Codecà raccontato da Gremmo

Il delitto Codecà raccontato da Gremmo

di Francesco Amadelli*

Il lettore è avvisato: il thriller di cui parliamo (Il delitto Codecà) non è frutto di fantasia. E’ tutto sacrosantamente vero. E’ il 16 aprile del 1952. Il giallo si dipana, con l’aiuto dei documenti dell’Archivio di Stato, lungo i meandri dei diversi omicidi compiuti ai danni di dirigenti o ex dirigenti di aziende del Nord, specie a Torino e provincia. Ex partigiani o ex repubblichini talvolta si fronteggiano ma più spesso si interconnettono gli uni agli altri in un continuo scambio di notizie e segnalazioni nel tentativo di costituire una rete informativa al soldo ora della causa comunista talaltra di quella fascista, entrambe molto attive negli anni dell’immediato dopoguerra. Forte peso ebbero inoltre i depistaggi posti in atto dalle fazioni in lotta nella speranza di far ricadere la responsabilità degli omicidi sulla parte avversa.

Non è da escludere il movente politico che portò gli assassini a cercare la vendetta per motivi meramente personali. Difficile stabilire chi fosse la parte avversa se si pensa che gli uomini delle due fazioni riuscirono a entrare e a partecipare alle riunioni decisionali del PCI e del MSI, da poco costituito, con estrema facilità e disinvoltura, senza che nascessero apparenti sospetti. Se ci furono, vennero coperti con accortezza da “importanti personaggi”.

La sera di quel 16 aprile, l’ingegnere Eleuterio Codecà, dirigente Fiat, viene ucciso da un sicario davanti al portone d’ingresso dell’abitazione, in via Villa della Regina,nella zona precollinare di Torino. L’omicidio viene messo subito in relazione con il delitto avvenuto nel 1947 di Alberto Raviola , ambiguo personaggio con un passato repubblichino e in seguito comunista.

A distanza di tanti anni l’assassinio di Eleuterio Codecà rimane un mistero sia nelle motivazioni sia negli esecutori. Esso va ad aggiungersi ai tanti misteri dell’Italia del secondo dopoguerra, nonostante le minuziose indagini condotte all’epoca. Diversamente dai migliori gialli non abbiamo un commissario di polizia sul quale riversare la colpa di scarso zelo o di interessi di parte, ci rimane soltanto il cadavere dell’ingegnere Codecà.

Il libro di Roberto Gremmo (Arabafenice editrice) si legge con estremo interesse accresciuto dalla consapevolezza di trovarci davanti ad un fatto di cronaca nera accaduto nella città subalpina.

Ti potrebbero interessare anche:

In Breve