Proposte | 16 marzo 2023, 08:45

Ricordando quel gran film girato a La Spezia

Ricordando quel gran film girato a La Spezia

di Francesco Amadelli

E’ il 1941 allorché il ministero della Marina, tramite il proprio Centro di Cinematografia, commissiona la realizzazione di un lungometraggio che metta in risalto il coraggio dei nostri marinai in tempo di guerra. La regia viene affidata a Francesco De Robertis, detto il “Comandante”, pratico dell’ambiente marinaresco, che si avvarrà di Roberto Rossellini quale aiuto-regista in procinto di dirigere un altro film, “La nave bianca”; la produzione viene affidata in toto alla Scalera Film, considerata l’unica casa di produzione del ventennio.

Benchè commissionata in tempo di guerra, ne risulterà una pellicola dura, lineare, asciutta priva di propaganda tanto da essere considerata, anche dopo il conflitto, un capolavoro.

De Robertis e Rossellini rifuggono dalla propaganda di regime, ciò nonostante verrà apprezzata dai vertici militari e di partito per la capacità di aver portato sullo schermo una storia tutta italiana, antesignana di tutta la filmografia, soprattutto straniera, che ne trarrà ispirazione nel dopo-guerra.

Il film viene considerato neo-realista, in quanto si avvale di attori non professionisti fra i quali molti ufficiali, sottufficiali e marinai in servizio; il set verrà allestito nel golfo di La Spezia, città da sempre legata alla Marina Militare.

La trama è semplice come si conviene a una pellicola di genere bellico: occorre salvare l’equipaggio di un sommergibile da crociera venuto a collisione con un’altra nave, dalla quale ha riportato un ampio squarcio. Il salvataggio ci sarà, ma a costo della vita di un nostro marinaio-eroe. L’argomento si potrebbe prestare a uno svolgimento ricco di retorica militare, ciò non avviene in quanto De Robertis e Rossellini sono già proiettati verso un genere nuovo, più sobrio e documentaristico, che consacrerà soprattutto il secondo, maestro indiscusso e involontario (come da egli stesso rivelato) del neo-realismo. 

La Scalera Film, fondata nel marzo del 1938, fu la massima casa produttrice cinematografica italiana del periodo anteguerra, divenuta produttrice di regime grazie all’appoggio dello stesso Mussolini ansioso di portare a termine e inaugurare gli studi cinematografici di Cinecittà l’anno seguente.

I tre fratelli Scalera Carlo, Salvatore e Michele erano al tempo i maggiori costruttori edili nel Sud Italia, oltre che nelle colonie dell’Eritrea e della Libia. E’ a loro che il Duce affida il compito di creare una casa di produzione di proporzioni internazionali conoscendo la loro capacità imprenditoriale. Inevitabile quindi che venga affidato sempre a loro l’onere di eseguire film di propaganda e/o bellici come appunto “Uomini sul fondo”.

Dopo il 25 luglio 1943, con l’occupazione tedesca di Roma, gli studi vengono trasferiti a Venezia (alla Giudecca) assumendo il nome di Cinevillaggio. Inizia la lavorazione di molte pellicole per conto della Repubblica Sociale Italiana, con attori famosi all’epoca, fra i quali Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, in seguito fucilati dai partigiani perché ritenuti collaborazionisti.

Nel dopoguerra si tenta la via della cooperazione con case di produzione straniere fra le quali quelle americane, ma il passivo è alto e continua a crescere. Si compie un ultimo tentativo con l’appoggio del sottosegretario al Turismo e Spettacolo, Giulio Andreotti, presso l’Iimi (Istituto Mobiliare Italiano) per un prestito che porti ossigeno alle depauperate casse. Tutto inutile dato che l’Imi non accetta. La Scalera Film viene posta in liquidazione e fallisce nell’aprile del 1952.