Notizie | 13 marzo 2023, 08:58

Più imprese di stranieri, meno di italiani

Negli ultimi cinque anni, nel Nord Ovest le aziende a prevalenza estera sono aumentate di quasi 10 mila mentre sono diminuite di poco meno di 20 mila quelle dei nostri connazionali - Tutti i dati provincia per provincia - Le crescite record a Torino (+19,7%) e Genova (+18,6%)

Più imprese di stranieri, meno di italiani

Più imprese di stranieri e meno di italiani. Negli ultimi cinque anni, nel Nord Ovest, le imprese con una prevalenza di soci e/o amministratori nati al di fuori dei confini nazionali sono aumentate di quasi 10 mila (6.516 in Piemonte, 3.156 in Liguria e 126 in Valle d'Aosta), mentre quelle di italiani sono diminuite di quasi 20 mila (13.226 in Piemonte, 6.433 in Liguria e 193 in Valle d'Aosta).

Così, al 31 dicembre scorso sono risultate 75.334 le imprese di stranieri attive nel Nord Ovest (50.258 in Piemonte, 24.245 in Liguria e 831 in Valle d'Aosta), a fronte delle 522.636 risultate a maggioranza di italiani.

E’ quanto emerge dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio riferiti al periodo 2018-2022, elaborati da Unioncamere-InfoCamere sulla base di Movimprese, l’analisi statistica sull’andamento della demografia delle imprese nel nostro Paese.

In termini percentuali, la crescita maggiore delle imprese di stranieri negli ultimi cinque anni è stata registrata in Valle d'Aosta (+17,9%), dove però la loro quota è limitata al 6,8% del sistema imprenditoriale regionale, mentre in Piemonte l'aumento è risultato del 14,9% e del 15% in Liguria, dove la loro penetrazione al 31 dicembre scorso è del 15,2%, superiore anche a quella del Piemonte (11,8%).

Disaggregando ulteriormente i dati, emergono le variazioni 2022-2018 delle imprese di stranieri nelle singole province del Nord Ovest. Eccole: Alessandria +436 (+10,3%), Aosta +126 (+17,9%), Asti +266 (+11,3%), Biella -19 (-1,7%), Cuneo +482 (+11,8%), Genova +2.142 (+18,6%), Imperia +347 (+14,3%), La Spezia +327 (+14,3%), Novara +126 (+3,7%), Torino +5.094 (+19,7%), Verbania +45 (+4,2%), Vercelli +86 (+5,4%).

A livello nazionale, alla fine del 2022, le imprese di stranieri erano quasi 650 mila, poco più del 10% dell’intera base imprenditoriale del Paese (appena sopra i 6 milioni di unità).

Questa stabile presenza si accompagna a un dinamismo anagrafico sconosciuto alle imprese avviate da persone nate in Italia. Negli ultimi cinque anni, infatti, l’imprenditoria straniera ha fatto segnare una crescita cumulata del 7,6% a fronte di un calo del 2,3% delle imprese di nostri connazionali.

In termini assoluti, comunque, queste dinamiche non riescono a compensare la scomparsa di attività italiane: dal 2018 a oggi, le imprese di stranieri sono aumentate di 45.617 unità mentre le non straniere sono diminuite di 126.013 unità, cosicché il totale complessivo della base imprenditoriale del Paese si è ridotto di 80.396 imprese.

Tra i due universi (imprese di stranieri e imprese di italiani) restano ancora profonde differenze strutturali. Tra le prime, la forma largamente prevalente resta ancora quella dell’impresa individuale (74,1%) laddove per le attività degli italiani questa quota da alcuni anni è ormai scesa stabilmente sotto la soglia del 50%.

La seconda modalità organizzativa preferita dalle imprese è quella della società di capitali. Sebbene la loro presenza sia decisamente più numerosa tra le iniziative di italiani (dove superano la quota del 32%) che tra quelle di stranieri (dove si ferma al 18,4%), nel caso di queste ultime i cinque anni alle nostre spalle segnalano una vitalità più che marcata di questa forma d’impresa tra quelle di origine immigrata (+39,1% contro +6,3% delle attività degli italiani nel periodo considerato).

Il confronto settoriale tra i percorsi delle imprese di stranieri e di nostri connazionali nell’ultimo quinquennio mette in evidenza differenze - anche notevoli - tra quello che accade a livello dei singoli comparti produttivi.

In alcuni casi, l’espansione della base imprenditoriale di origini straniere contrasta una tendenza opposta delle imprese di italiani, riuscendo non solo a compensare le perdite di quest’ultima ma – in taluni casi - anche a far crescere l’intero segmento: come avviene nelle costruzioni (dove le imprese di italiani perdono quasi 12mila unità e le straniere aumentano di oltre 19mila) o nelle altre attività di servizi (in cui le imprese di italiani si riducono di 1.411 unità mentre le straniere crescono di quasi 6.800).

In altri casi, le imprese di stranieri seguono la tendenza delle imprese di italiani registrando però - nel bene e nel male - performance quasi sempre migliori. Laddove straniere e autoctone crescono, le prime fanno sempre meglio delle seconde, con le uniche eccezioni dei servizi alle imprese e della fornitura di energia. Quando invece la base imprenditoriale si restringe, le straniere mostrano una resilienza nettamente più marcata: come nel commercio, dove la riduzione delle imprese di italiani è del -6,3%, quella delle imprese straniere del -2,5%.

In altri casi si configura lo schema “a specchio” (con le straniere che aumentano mentre quelle di italiani si riducono) in cui, tuttavia, la dinamica delle straniere non è sufficiente a compensare la contrazione delle altre. È così per l’agricoltura, che nel quinquennio perde complessivamente 28.501 imprese e vede crescere le straniere di sole 3.037 unità (con variazioni del -4,3% delle italiane e +18,2% delle straniere). Ed è così anche per le attività manifatturiere, dove le imprese di italiani perdono 39.985 unità e le straniere ne recuperano appena 1.769 (-7,7% contro +3,8% a favore delle straniere).


Ti potrebbero interessare anche: