di Gustavo Mola di Nomaglio*
Lo storico della nobiltà e del patriziato dell’Italia meridionale, Berardo Candida Gonzaga, soffermandosi nei suoi studi genealogici sulle origini della grande casata genovese degli Imperiali [o, indifferentemente, Imperiale], afferma che «Volgendo il secolo XII, le famiglie Tartaro, Magnavacche e Pignataro, di parte ghibellina, avendo servito con proprie galere lo imperatore di Alemagna…ottennero per arma l’Aquila imperiale e furono detti Imperiali» [Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia, 6 voll., Napoli, Stab. Tip. G. De Angelis e figlio, 1875-1882].
Sembrano a questo riguardo più attendibili altri storici che, pur concordando sull’origine del cognome, ne pospongono l’adozione di circa un secolo: le tre famiglie genovesi, e alcune altre, oggi considerate estinte, che progressivamente si aggregarono a esse, avrebbero collettivamente iniziato a denominarsi Imperiali, in onore dell’imperatore Arrigo VII, solo sul finire del ‘200 o nei primi anni del secolo seguente.
Risale in effetti al quel tempo la costituzione dell’ “Albergo” Imperiale, uno tra i più potenti di Genova, costituitosi attorno ai Tartaro, che in esso avevano una posizione dominante. Si ritiene che da questi ultimi discendano tutti i diversi rami degli Imperiali – o, appunto, Imperiale - attualmente esistenti. Merita forse ricordare che per “Albergo” s’intendeva, nel Medioevo, l’associazione tra varie famiglie spesso nobili, ma non necessariamente, con obiettivi d’alleanza politico-economica e di mutuo soccorso.
La presenza di Alberghi fu, sin da tempi remoti, relativamente diffusa in Piemonte. Qui l’esempio più antico si riscontra in Chieri, poi ve ne sono notizie, non altrettanto ampie e strutturate, in Moncalieri, Torino, Asti, Savigliano e altrove.
Secondo Luigi Cibrario, proprio in Chieri in assoluto gli Alberghi avrebbero avuto origine ma, secondo altri, le prime esperienze di questo istituto si devono invece collocare, pur solo in una forma ancora embrionale, a Genova, dove, in ogni caso essi ebbero speciali rilevanza, normazioni, diffusione e durata.
In Genova, in modo ben più generalizzato che in Chieri e in Piemonte, le famiglie che aderivano a un determinato Albergo, tendendo ad abbandonare del tutto il proprio cognome d’origine e ad assumere quello della casata principale, da cui esso traeva la propria denominazione. Occorre dire, tuttavia, che in diversi casi, le famiglie continuavano a mantenere, pur associata al nome collettivo, la forma cognominale originaria.
Questo stato di cose tese, forse specialmente con riferimento alle famiglie di minore momento, a creare qualche incertezza in campo genealogico, principalmente in seguito all’abolizione degli Alberghi, nel secondo Cinquecento, quando ogni famiglia riprese il proprio cognome.
Quanto ai Tartaro e Tartaro Imperiali, è noto che ebbero ruoli importanti non solo nella storia di Genova ma anche, attraverso varie loro diramazioni, in un vasto ambito storico-geografico e storico-politico che comprende i regni di Napoli, Spagna e Portogallo. Se ne deve registrare la presenza anche nella storia degli Stati sabaudi e altrove.
Nelle fazioni tra guelfi e ghibellini, il ruolo degli Imperiali non fu marginale. Con alterna fortuna essi seguirono la sorte del partito ghibellino, ora pagando la propria fedeltà all’Impero con la distruzione di varie case o confische di beni, ora traendone ampi benefici.
Capostipite è considerato Giovanni, che viveva a metà del secolo XII. Dopo di lui le notizie sulla casata (che sono recentemente state oggetto di un’ampia ricostruzione nel volume Imperialis Familia, di Gian Domenico Oltrona Visconti e Gustavo di Gropello) si moltiplicano.
Ne troviamo in primis il nome tra i consiglieri del Comune di Genova, tra i suoi ambasciatori, consoli, condottieri e armatori.
Ospinello fu tra i firmatari nel 1188 della pace tra Genova e Pisa, che pose termine al conflitto per il predominio sulla Sardegna. Opizzino fu ambasciatore al conte di Savoia nel 1225. Lanfranco armò nel 1294 squadre di galee per Filippo il Bello. Sette anni dopo egli era uno degli ammiragli della flotta genovese nella crociata indetta da Bonifacio VIII. Gavino prese parte nel 1298 a Curzola alla battaglia contro la repubblica veneta e si spinse con sei galee genovesi sino al Lido di Venezia, nel tentativo di sorprendere la città; in seguito fu vicario di Genova nell’Impero di Romania e ambasciatore alla corte dell’imperatore Andronico II. Ruggero comandava una galea nella battaglia del Bosforo del 1352 sotto la guida di Pagano Doria. Paolo fu creato nel 1440 conte palatino per avere riportato, al tempo in cui era console di Caffa, in seno alla Chiesa cattolica gli Armeni residenti in Crimea.
In progresso di tempo, gli Imperiali si insignorirono di vasti domini feudali fuori dallo Stato genovese. Notevoli il dominio sulla Corsica (cui la famiglia diede anche alcuni governatori) e il numero dei feudi posseduti in Piemonte e nelle province napoletane con titoli principeschi, ducali e marchionali. Impossibile rendere conto in poche righe delle vicende di una famiglia tanto ramificata.
Si potrebbero ricordare ancora molti rappresentanti antichi appartenuti ai vari rami: dogi e ammiragli di Genova, letterati, cardinali, vescovi, committenti di palazzi, chiese e opere d’arte di grande valore (tra le quali dipinti di Rubens e Van Dick).
Ma non meno interessante sarebbe soffermarsi sulle figure di più recenti personaggi, come Giuseppe, principe di Sant’Angelo dei Lombardi, mazziniano, ricordato da Giovanni Ruffini nei suoi scritti su Lorenzo Benoni come “Principe d’Urbino”, che fu il secondo degli italiani a conquistare nel 1840, partendo da Chamonix, il Monte Bianco, lasciando della sua ascensione una minuziosa relazione; oppure Cesare, durante la prima guerra mondiale, comandante di squadriglie di Mas, o, ancora, Roberto, inventore dell’esplosivo “Imperialite”, morto trentaduenne a Brescia, nel 1912, nello scoppio della propria fabbrica.
In Piemonte ebbero sede, nel Settecento, gli Imperiale Simiana, che unirono il secondo cognome in forza del matrimonio tra il principe Michele Imperiale di Francavilla e Irene Maria Teresa Simiana, ultima dei suoi, figlia del marchese Carlo Giambattista, cavaliere della Ss. Annunziata e di Giovanna Grimaldi di Monaco.
Gli Imperiale Simiana furono principi di Montafia, marchesi di Livorno [Ferraris], Castelnovo [Chieri], Dego e signori di Pianezza; si spensero sul finire del XVIII secolo mentre la casata nel suo complesso, ramificata e ricca di molti notevoli esponenti, prosegue rigogliosamente il proprio cammino.
* Storico, scrittore, vice presidente del Centro Studi Piemontesi