Storia & storie - 16 febbraio 2023, 16:07

Ricordando la famiglia dei Luserna

Ricordando la famiglia dei Luserna

di Gustavo Mola di Nomaglio*

Sino agli albori del Cinquecento il Piemonte sabaudo copriva indicativamente, al di qua delle Alpi, la fascia centrale della regione piemontese, componendosi dell’attuale provincia di Torino (a eccezione della testa delle valli di Susa e del Chisone, ancora in mano francese), di Cuneo con buona parte del Cuneese, del Vercellese e del Biellese.

Tra le famiglie piemontesi vassalle dei Savoia sino a quel tempo primeggiavano le casate dei cosiddetti "quattro conti del Piemonte": i Luserna, i San Martino, i Valperga e i Piossasco, tutte potenti, insediate su ampi territori, divise in più rami, ciascuno possessore di differenti castelli, torri e case forti a presidio dei propri feudi e del Piemonte stesso.

Anche nelle altre “patrie” e domini sabaudi, Valle d’Aosta, Savoia, Bresse e Bugey e via dicendo, agivano, solidamente radicate e fortificate, numerose casate non meno potenti, che costituivano la spina dorsale della dinastia, affiancate da centinaia di altre, da borghesie cittadine e da popolazioni rurali legate alla dinastia da solide fedeltà «a tutta prova» non facilmente riscontrabile in altri contesti geopolitici.

I Luserna, discendono probabilmente da Olderico Manfredi, marchese in Italia, anche se ricostruire senza lacune la genesi e i primi decenni della loro storia ha costituito in passato e continua a costituire una sfida per gli storici. Scrive Antonio Manno nell’insostituibile suo Patriziato subalpino (del quale sono integralmente consultabili, oltre che in alcune biblioteche torinesi, anche on-line le migliaia di pagine rimaste inedite, attraverso il sito internet dell’Associazione Vivant - www.vivant.it -):

«Si immaginarono molti sistemi fino all’ultimo del fecondo cavaliere Benedetto di Vesme […] tutto ciò darà lungo argomento a discussioni erudite. Certo è che i Lusernidi sono delle più importanti ed antiche schiatte del Piemonte e procedono dai così detti Merlenghi, sorti verso il cadere del X secolo […]».

La casa, oggi estinta in tutti i suoi rami e linee, dominava, suddivisa già nel XII secolo nelle linee denominate Bigliore, Rorengo e Manfredi, su un vasto comprensorio feudale, che da Luserna e Torre Pellice si estendeva tutt'intorno nel Pinerolese giungendo ad abbracciare alcuni luoghi dell'attuale provincia di Cuneo.

Nella storia del Piemonte si notano molti rappresentanti della famiglia. Carlo, della linea Luserna Manfredi, governatore di Cuneo, capeggiò nel 1557 la difesa della città assediata dai francesi. Sua moglie, Beatrice di Savoia-Pancalieri, fu protagonista di un episodio che ci offre un esempio della rudezza dei tempi.

Il comandante degli assedianti, essendo riuscito a catturare un figlio di Carlo e Beatrice che si trovava a balia nella campagna cuneese, si presentò sotto le mura di Cuneo minacciando la madre, se la città non si fosse subito arresa, di restituirle il bambino con una cannonata. La risposta di Beatrice fu, mentre indicava il proprio ventre con la mano «fatelo, se non vi cale la ira di Dio, che ho la forma per altri».

Il 27 giugno 1557, vinte dalla resistenza dei cuneesi, le truppe del Re di Francia furono costrette a togliere l'assedio. Negli anni seguenti, il duca Emanuele Filiberto e Filippo II, concessero a Carlo, in riconoscimento del suo valore, la facoltà di innestare nel proprio stemma lo scudo di Savoia e le armi gentilizie di Castiglia e d'Austria.

Dopo breve tempo troviamo un altro Luserna, Emanuele, impegnato nella difesa del castello di Cavour, cinto dall’ennesimo assedio transalpino. Questa volta la signorilità del nemico fece dimenticare la protervia del comandante francese sotto Cuneo.

Cavour, difeso dalla guarnigione comandata dal Luserna, resisté all’assedio per alcuni mesi del 1592. Solo quando non restò altra alternativa che la resa, Luserna la chiese, ponendo, nonostante la posizione di estremo svantaggio in cui si trovava, condizioni più che onorevoli per le sue truppe, confidando che il generale che capeggiava l’esercito nemico, il duca di Lesdiguières avrebbe rispettato «la sfortuna di soldati che avevano fatto bene il loro dovere».

Il duca non solo accettò le condizioni ma lo fece, secondo quanto narrano testimoni oculari, senza neppure prenderne visione, firmando immediatamente il documento che le descriveva con questo commento: «Dio mi guardi dall'esitare un solo istante ad accordare ciò che un uomo valoroso come il conte di Luserna propone; non leggerò neppure ciò che egli ha scritto».

La famiglia espresse letterati, diplomatici, religiosi e numerosi militari, tra i quali caddero in guerra Ruggero, della linea Luserna Rorengo, ucciso da una cannonata nel 1630 all'assedio di Montmélian; Giambattista e Carlo, del ramo di Campiglione, l'uno ucciso a Bagnolo nel 1644 e l'altro, capitano di fanteria, il 6 agosto 1848, per ferite ricevute nella battaglia di Sommacampagna. 

Notevole la presenza nella storia di Torino sin dal secolo XIV: a puro titolo di esempio si possono ricordare Ugo, abate del monastero di San Solutore maggiore nel 1319; Micheletto, canonico del duomo nel 1331 e rettore della Cappella di San Giovanni Evangelista in esso eretta; Belengerio vicario del principe a nel 1349 e Riccardo, canonico del duomo negli anni centrali del secolo. 

Le presenze torinesi dei Luserna Rorengo di Rorà in particolare restarono costanti e se ne conservano articolate memorie in ogni secolo. Risalendo la corrente del tempo, devono essere ricordati almeno Francesco, Arcivescovo di Torino dal 1768 (15 marzo) al 1778 e ancor più Emanuele, che era sindaco di Torino negli anni in cui la città perse il ruolo di capitale d'Italia, non senza gravi turbolenze.

La memoria di Emanuele, deciso difensore degli interessi torinesi, non è stata per molto tempo coltivata quanto meritava. Finalmente sul finire del secolo scorso e nei nostri anni gli sono stati dedicati diversi studi e volumi che gli rendono giustizia.

Oggi, nella toponomastica cittadina, ne rammenta il nome una via periferica. Questa, originariamente dedicata al comune di Luserna (tutt’attorno vi sono altre strade dedicate a luoghi del Pinerolese e delle Valli Valdesi, Pellice, Perrero, Pragelato, Scalenghe, Frossasco...) fu trasformata in Luserna di Rorà solo in tempi relativamente recenti, di modo che molti, nel pronunciarne il nome sono convinti di riferirsi non a un personaggio, che avrebbe meritato di essere ricordato da una via più nota e centrale, ma a un luogo.

* Storico, scrittore, vice presidente del Centro Studi Piemontesi




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