Notizie - 03 gennaio 2023, 09:41

Sulle tavole più olio che pasta e pane

Un uliveto della Carli di Imperia

Un uliveto della Carli di Imperia

“L'olio è più popolare della pasta”, almeno in Italia. Lo si legge sul sito della Banca del Piemonte (www.bancadelpiemonte.it), dove, fra l'altro, viene ricordato che l’Italia è il primo Paese importatore e il secondo esportatore mondiale di olio, con circa il 15% della produzione complessiva e la superficie olivetata nazionale si estende su 1,1 milioni di ettari, in gran parte in Puglia, Calabria e Sicilia (ma la produzione olivicola in diverse regioni raggiunge livelli qualitativi eccellenti).

L’annata 2022/2023 si presenta particolarmente scarsa in termini di volumi a livello nazionale ed europeo. Nel nostro Paese, dove si contano 250 milioni di olivi, la produzione non raggiunge le 230 mila tonnellate, con un calo di oltre il 30%, dovuto agli effetti dell’alternanza produttiva, delle alte temperature e, in alcune aree, per l’attacco della mosca olearia.

Il post della Banca del Piemonte riporta che i numeri della filiera italiana, comunque, come sottolineato da Confagricoltura, raffigurano un comparto di tutto rispetto: fatturato annuo di 3,3 miliardi di euro (2,2% dell’agroalimentare), 640 mila imprese olivicole, circa 5.000 frantoi e 220 imprese industriali.

Viene anche evidenziata la forte integrazione del comparto con il territorio e la ruralità, rivestendo l'olivicoltura un ruolo primario nella tutela e nella valorizzazione delle produzioni locali. Fra l'altro, sono circa 50 i riconoscimenti Dop e Igp, che rappresentano quasi la metà di quelli complessivamente registrati nell’Unione europea, con un valore di 91 milioni di euro (in crescita del 27%).

Anche l’indotto legato all’oleo-turismo sta assumendo un’importanza crescente in termini culturali, sociali ed economici.

A sua volta, la Coldiretti ha rilevato che, con il crollo della produzione nazionale di olive, gli italiani devono dire addio a oltre una bottiglia di olio extravergine Made in Italy su tre, mentre l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole e con l’inflazione volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio.

In Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, si arriva a un taglio del 52% della produzione, a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento, distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale. Ma crollano anche la Calabria (-42%) e la Sicilia (-25%).

La situazione migliora spostandosi verso il Centro e il Nord, con il Lazio che registra un progresso del 17%, l’Umbria e la Toscana fanno ancora meglio con +27%, mentre l’Emilia-Romagna cresce del 40% e la Liguria del 27%. Incrementi ancora maggiori in Veneto (+67%) e in Lombardia (+142%), dove gli uliveti si estendono dalle sponde dei laghi di Garda, Como e Maggiore, fino alle valli alpine.

In questo scenario, i costi delle aziende olivicole sono aumentati in media del 50% e quasi una su 10 (9%) lavora in perdita.

L’Italia – hanno segnalato Coldiretti e Unaprol – è fra i primi tre maggiori consumatori di olio extravergine di oliva al mondo con circa 480 milioni di chili (in testa è la Spagna, seguita dagli Usa) e rappresenta il 15% dei consumi globali.

Inoltre, come conclude il post di Banca del Piemonte “gli italiani usano annualmente, in media, otto chili di olio extravergine di oliva a testa e ogni famiglia spende in media 117 euro per acquistarli. L'olio, utilizzato da oltre il 97% degli italiani nell’ultimo anno, è anche l’alimento più popolare sulle tavole nazionali, addirittura più di pane e pasta”.








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