Storia & storie | 03 gennaio 2023, 09:00

Quelle Siata sognate dai piloti squattrinati

La Siata 850 Spring

La Siata 850 Spring

di Francesco Amadelli*

Il nome Giorgio Ambrosini forse non dirà nulla ai lettori nonostante sia stato un valente corridore automobilista degli anni venti. Furono anni esaltanti e fervidi per tutti gli impegnati nel campo dell’automobile fossero piloti o semplici meccanici.

“Se sono tanto bravo nel condurre le auto perché non posso essere altrettanto bravo nell’elaborarle o addirittura fabbricarle”? E’ all’incirca questa la domanda che Ambrosini si pose, a metà degli anni venti del secolo passato, col desiderio di mettere in pratica un sogno che gli ronzava nella testa già da diverso tempo. E così fu.

Giorgio Ambrosini era nato a Fano, nelle Marche, nel 1890, ma con la famiglia si era trasferito a Torino sin da ragazzo e la sua mente piena di inventiva e tanta voglia di fare lo portano a progettare di tutto nel campo della meccanica. E siccome meccanica ai quei tempi voleva dire “automobile” decide di realizzare auto; ma la prima Guerra Mondiale lo costringe a frenare il suo entusiasmo.

Nel 1926 fonda a Torino, in via Leonardo da Vinci 23 (zona Lingotto, vi dice qualcosa?) la SIATA (Società Italiana Applicazioni Automobilistiche), a poca distanza dalla Fiat, con la quale collaborerà attivamente fin dall’inizio elaborando vetture come la 522, 524 e 508 Balilla sulla quale riuscirà a raddoppiare il numero di cavalli/potenza da 22 a oltre 40.

Ma sarà sulla Topolino Fiat 500 del 1936 che troverà le maggiori soddisfazioni nonostante la vetture in questione non sembrino le più adatte a tale genere di elaborazioni.

La Fiat 500 Testa Siata diventerà un mito fra tutti coloro che vorranno cimentarsi nelle corse senza spendere cifre elevate; la stessa mania si ripresenterà nel dopoguerra con le Fiat 500 e 600 sulle quali lavoreranno preparatori e meccanici di varie categorie più o meno esperti, tutti animati però dalla stessa passione: la velocità. 

Nel frattempo Giorgio Ambrosini continua la sua attività di pilota sia per passione sia per dare la massima visibilità alle elaborazioni motoristiche di propria concezione. Nel 1929 partecipa ad alcune gare coadiuvato da Piero Dusio, futuro fondatore della Cisitalia. Un bel binomio destinato a durare poco però, causa le forti personalità di entrambi.

E’ di quegli stessi anni il cambiamento di ragione sociale della Siata in Società Italiana Applicazioni Tecniche Aviatorie nella speranza di sfruttare le neonata Arma Aeronautica per allargare i propri interessi e quindi anche i guadagni. Il risultato fu deludente e nella seconda Guerra Mondiale scarsa fu la collaborazione con i costruttori aeronautici.

Presagendo la sconfitta, Ambrosini rivolge la propria attenzione al dopo-guerra del quale prevede una realtà fatta di miseria e ristrettezze economiche tali da spingere gli italiani a indirizzarsi verso veicoli leggeri ed economici, ma non per questo pratici e veloci.

Con l’aiuto di Giuseppe Remondini, progettista in Francia di un piccolo motore applicabile su una bicicletta, inventa un ciclomotore di 48cc battezzato Cucciolo. Dovrà aspettare la fine del conflitto per farlo produrre nello stabilimento bolognese della Ducati (Valentino Rossi ancora non era nato!). La novità riscuote successo e ciò lo sprona a continuare dopo una vita al limite della sopravvivenza durante il periodo bellico nel quale l’officina torinese venne rasa al suolo dai bombardamenti.

Viste le nuove tendenze si vedrà costretto a cambiare nuovamente ragione sociale in Siata Società Italiana Auto Trasformazioni Accessori: cambiare tutto per non cambiare niente, lo spirito rimarrà sempre lo stesso.

Nel 1949 è la volta di una cabrio su telaio Fiat 500A anteguerra denominata Amica; l’anno seguente tocca alla Daina cabrio su telaio Fiat 1400, lanciata dal costruttore torinese quel medesimo anno e uscito dallo stabilimento di Mirafiori da poco rientrato in funzione dopo la parentesi bellica.

Nel 1952 Ambrosini partecipa alla preparazione della 208Sport ovvero una versione elaborata della Fiat 8V con la quale si tenterà di entrare sul mercato americano, previa sostituzione del propulsore con uno di produzione statunitense.

Nel 1954 il mercato italiano comincia a sentire l’esigenza di vetture piccole, economiche e parsimoniose nel consumi. La tendenza rimarrà in vigore per molti anni, ma il modello Mitzi alimentato da un motore di soli 434cc rimane nel cassetto perché ritenuto prematuro.

L’anno seguente, con l’uscita della Fiat 600, il raggio di azione della Siata si amplia cosicchè il coraggioso Ambrosini si vede costretto a vendere una parte cospicua dell’azienda. Il 49% delle azioni passa nelle mani di Carlo Abarth; sarà un sodalizio proficuo ma breve, dato che le due personalità, un po’ come era avvenuto precedentemente con Piero Dusio, sono destinate a collidere. Al Salone dell’Auto di Torino del 1959 verrà presentata con il marchio Siata-Abarth una 750 coupe e spider.

Il canto del cigno della Siata, staccatasi dall’Abarth nel 1960, vedrà la produzione della Spring con motore Fiat 850, uno spider accattivante dalla linea retrò che ottiene un discreto successo. Verrà prodotto dalla ORSA (officina realizzazioni sarde automobili assorbita in seguito dalla Iso Rivolta del magnate italo-americano Pera) con sede a Cagliari.

La produzione della Spring continuò fino al 1975 nonostante la chiusura della Siata nel 1970, in concomitanza col decesso del fondatore.

Per continuare la produzione della Spring la Orsa fu costretta a acquistare la meccanica dalla Seat spagnola, licenziataria della Fiat, in quanto quest’ultima ne aveva cessato la costruzione alcuni anni prima. Nel 1975 anche la Orsa chiuse i battenti, causa la scarsa pubblicità riservata alla vettura e per la forte ostilità mostrata dall’avvocato Gianni Agnelli nei confronti di una vetturetta in grado di minacciare commercialmente la Fiat 500.

* Storico dell'auto, scrittore