Notizie - 22 novembre 2022, 10:41

Record di giovani che non studiano e non lavorano

Record di giovani che non studiano e non lavorano

Una delle priorità dell'Unione europea nel campo dell'istruzione e della formazione è la riduzione dell'abbandono scolastico, che ha gravi ripercussioni sulla vita dei giovani e sulla società in generale. Il fenomeno è monitorato, a livello europeo, attraverso la quota di 18-24enni che, in possesso al massimo di un titolo secondario inferiore, sono fuori dal sistema di istruzione e formazione (Elet-Early Leavers from Education and Training).

Questo indicatore è stato uno dei benchmark della Strategia Europa 2020, che ne fissava il valore target europeo al 10%, abbassato al 9% per il 2030.

“In Italia, nel 2021 la quota di 18-24enni con al più un titolo secondario inferiore e non più inseriti in un percorso di istruzione o formazione è stimata al 12,7%, pari a 517mila giovani”. Lo si legge sul sito della Banca del Piemonte (www.bancadelpiemonte.it), dove si ricorda che “nonostante l’Italia abbia registrato notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici, la quota di Elet resta tra le più alte dell’Ue (9,7%), inferiore solo a Spagna (13,3%) e Romania (15,3%)”. Iin Francia è al 7,8% e all’11,8% in Germania.

In particolare, tra i giovani con cittadinanza non italiana, il tasso di abbandono precoce degli studi è oltre tre volte quello degli italiani: 32,5% contro 10,9%.

“Così come il raggiungimento di un titolo terziario, anche la dispersione scolastica è fortemente condizionata dalle caratteristiche socio-economiche della famiglia di origine. Se il livello di istruzione è basso – scrive la Banca del Piemonte, citando i dati dell'Istat - si riscontrano incidenze di abbandoni precoci molto elevate”. L’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 25,8% dei giovani con genitori aventi al massimo la licenza media, scende al 6,2% se i genitori hanno un titolo secondario superiore e al 2,7% se almeno un genitore è laureato.

L'Istat ha anche rilevato che i giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo e non impegnati in un’attività lavorativa, i cosiddetti Neet (Neither in Employment nor in Education and Training), presentano caratteristiche e motivazioni di base eterogenee, ma hanno in comune una condizione che, se protratta a lungo, può comportare il rischio di concrete difficoltà di inclusione nel mondo del lavoro.

Nel 2021, in Italia, la quota di Neet sul totale dei 15-29enni è pari al 23,1%, in leggero calo rispetto alla crescita registrata nel 2020 per l’impatto della pandemia sull’occupazione, ma è 10 punti percentuali superiore a quella europea (13,1%). “L’Italia, perciò – si legge nel post della Banca del Piemonte - continua a registrare la più alta quota di Neet nella Ue27, decisamente più elevata di quella osservata in Spagna (14,1%), Francia (12,8%) e Germania (9,2%)”.

Nel 2021, l’incidenza dei Neet è pari al 23% tra i giovani con al più un titolo secondario inferiore, al 24,9% tra chi ha un titolo secondario superiore e al 17,3% per coloro che hanno conseguito un titolo terziario. Nel Mezzogiorno la quota di Neet è pari al 32,2% (17% e 19,6% nel Nord e nel Centro) e sale al 33,3% tra gli stranieri (21,9% tra gli italiani), con una forte differenza di genere: 42% è la quota di Neet tra le straniere e 23,% tra le italiane (24,2% e 20,9% le rispettive quote degli uomini).

La percentuale maggiore di inattivi si rileva tra i giovani Neet con al più un titolo secondario inferiore (45,1%), soprattutto se donne (56,8%). L’inattività è minima tra i Neet del Mezzogiorno, tra i quali ben il 71% (53,3% nel Nord e 64,1% nel Centro) si dichiara interessato al lavoro, a indicare come in quest’area del Paese le minori opportunità lavorative pesino di più sulla condizione di Neet.

L'Istat ha comunicato inoltre che nel 2021, il 51,6% dei Neet disoccupati è alla ricerca attiva di lavoro da almeno 12 mesi, una quota più alta di quella del 2020 (44,9%). I Neet disoccupati (cioè alla ricerca attiva di un lavoro) sono quelli più attenti alle dinamiche del mercato del lavoro e dunque più facilmente integrabili; tuttavia, se la ricerca di un’occupazione si prolunga nel tempo cresce il rischio di transito all’area dell’inattività.

I Neet disoccupati da 12 mesi o più sono 350mila e risiedono prevalentemente nelle regioni meridionali, dove rappresentano il 61% dei Neet disoccupati (46,3% nel Centro e 39,4% nel Nord).

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