Notizie - 31 luglio 2022, 09:57

Bce detiene il 29% del debito pubblico italiano

Tra il 2020 e giugno 2022, la Bce-Banca Centrale Europea ha effettuato acquisti netti di titoli del debito pubblico italiano per 363 miliardi, di cui 279 miliardi tramite il Pepp. Tenendo conto dell’impegno a rinnovare i titoli che giungono in scadenza, si può stimare che la quota di debito pubblico italiano detenuta dalla Bce e dalle istituzioni europee a fine 2022 sarà del 29% e pari al 42,1% del Pil, dal 22,5% del Pil nel 2019.

In ogni caso, la quota sarà quasi raddoppiata rispetto al pre-pandemia, quando era del 17%, soprattutto per effetto del Pepp. Di conseguenza, mentre il debito pubblico complessivo a fine anno dovrebbe attestarsi al 147% del Pil, il debito detenuto dal mercato dovrebbe attestarsi attorno al 105%, in calo rispetto al 112% del 2019. 

A questa valutazione andranno aggiunti gli eventuali acquisti che verranno effettuati con i nuovi strumenti annunciati di recente, con lo scopo di limitare aumenti asimmetrici dei tassi di interesse sui titoli sovrani che mettono a rischio l’ordinata trasmissione della politica monetaria. La Bce ha comunicato che già ora sta conducendo in maniera flessibile i reinvestimenti del Pepp (Pandemic Emergency Purchase Programme) indirizzandoli a favore dei Paesi considerati più vulnerabili dai mercati, come l’Italia.

A disposizione dalla Bce ci sarà poi un nuovo strumento, il Transmission Protection Instrument (Tpi), che prevede acquisti di titoli del debito pubblico, senza limiti definiti ex-ante, al fine di limitare aumenti dei tassi di interesse che non siano giustificati dai fondamentali economici del paese. L’attivazione degli acquisti del Tpi sarà ad ampia discrezione del Consiglio direttivo della Bce e richiederà che siano soddisfatte importanti condizioni, tra cui il rispetto delle indicazioni del semestre europeo sulle riforme e sui bilanci pubblici nonché la puntuale attuazione del PNRR.

I titoli in scadenza del Pepp nei prossimi 11 mesi sono stimati nell’ordine di 155 miliardi.

La Bce ha effettuato acquisti netti di titoli italiani per circa 18 miliardi al mese nel 2020 e circa 13 miliardi nel 2021. Ipotizzando che il 20% dei reinvestimenti del Pepp dei Paesi non-periferici vada all’Italia, la Bce acquisterà nei prossimi mesi titoli italiani per circa 2 miliardi al mese, oltre al rinnovo dei titoli in scadenza. Anche ipotizzando un valore doppio (il che appare molto improbabile, in quanto è difficile che i Paesi non-periferici accettino una rinuncia tanto rilevante), si tratterebbe di 4 miliardi al mese.

Questa cifra potrebbe essere insufficiente a impedire la frammentazione dei mercati e comunque tale è stata considerato dagli operatori, tant’è che lo spread sui titoli decennali italiani è aumentato rapidamente a seguito del comunicato delle decisioni di politica monetaria del 9 giugno, probabilmente poiché gli operatori si attendevano informazioni su un nuovo strumento “anti-frammentazione”, oltre alla possibilità (già prevista) di condurre in maniera flessibile i reinvestimenti del Pepp.

La Bce ha dunque indetto una riunione di emergenza (15 giugno) dedicata al nuovo strumento: in tale occasione, non ha spiegato in cosa consistesse il nuovo strumento, ma il solo fatto che sia stata ribadita con forza l’importanza di evitare la frammentazione è stata sufficiente a calmare (almeno pro-tempore) i mercati.

A seguito della riunione del Consiglio direttivo della Bce del 21 luglio, sono state rese note le linee guida del Tpi. Questo nuovo strumento consiste nell’acquisto di titoli pubblici, senza limiti quantitativi definiti ex-ante, di Paesi che subiscono un aumento dei tassi di interesse “disordinato” e “ingiustificato” (rispetto ai fondamentali economici dei Paesi in questione), tale da mettere a rischio l’ordinata trasmissione della politica monetaria.

La decisione di attivare gli acquisti del Tpi sarà a discrezione del Consiglio direttivo, che valuterà se l’aumento dei tassi di interesse è da ritenere “ingiustificato e disordinato” sulla base di determinati indicatori e se il Paese rispetta una serie di criteri che riguardano la finanza pubblica e la condizione macroeconomica.

In particolare, questi criteri sono quattro (e possono essere adeguati nel tempo): il Paese non è soggetto a procedure di deficit eccessivo o sta adottando misure efficaci in risposta alle raccomandazioni del Consiglio Europeo; il Paese non è soggetto a una procedura per squilibri macroeconomici eccessivi o sta adottando le misure correttive raccomandate dal Consiglio Europeo; il debito pubblico del Paese è ritenuto sostenibile; il Paese rispetta gli impegni presentati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e le raccomandazioni della Commissione Europea nell’ambito del Semestre europeo riguardo ai conti pubblici e alle riforme.

In sostanza, la BCE intende intervenire per limitare aumenti degli spread sui titoli del debito pubblico che mettono a rischio l’ordinata trasmissione della politica monetaria, ma che non sono determinati da problemi di sostenibilità della finanza pubblica o da una conduzione non prudente della politica fiscale. I criteri sono indicativi e il Consiglio della Bce agirà con ampia discrezionalità. Non vi sono dunque regole fisse che consentano di prevedere a priori quando la Bce riterrà di intervenire. Va peraltro ricordato che quasi sempre gli interventi delle banche centrali per stabilizzare i mercati sono discrezionali e non seguono regole fisse.

Sempre nella riunione del 21 luglio, la Bce ha comunicato che considera i reinvestimenti del Pepp come primo strumento per limitare l’aumento asimmetrico dei tassi di interesse; gli acquisti del Tpi saranno eventualmente attivati solo in seconda battuta.

Ad avviso della maggior parte degli analisti, l’Italia in questo momento rispetta le quattro condizioni enunciate sopra. Va però detto che l’attivazione del Tpi avrebbe un costo reputazionale, anche perché difficilmente una decisione presa del Consiglio direttivo della BCE (che comprende i 19 governatori delle banche centrali nazionali, oltre ai sei membri del Comitato esecutivo) può rimanere segreta. Anzi, è verosimile (anche se non è stato per ora confermato) che l’attivazione del Tpi sarò oggetto di un annuncio; il che segnalerebbe al mercato che la prima linea di difesa (gli acquisti flessibili del Pepp) non è stata considerata sufficiente.


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