| 26 luglio 2022, 16:09

Grane siccità, ma l'Italia per l'acqua spende meno

Grane siccità, ma l'Italia per l'acqua spende meno

La grande sete dell'Italia. Il forte calo delle precipitazioni nei primi sei mesi di quest'anno, l'aumento delle temperature, la progressiva riduzione dei ghiacciai e, fra l'altro, le storiche falle degli acquedotti, hanno provocato una grave siccità, che colpisce un po' tutti, sia pure in misura diversa. E' un fenomeno che, comunque, fa discutere ed è oggetto di nuovi studi, fra i quali spicca quello della Confartigianato, che riporta alcune evidenze.

In Italia, l’agricoltura è il più grande utilizzatore di acqua, con consumi di 11,9 miliardi di metri cubi, destinati all’irrigazione dei terreni e alla zootecnia. Per il consumo di acqua dolce prelevata per uso potabile sono consumati 9,2 miliardi di metri cubi, per cui l’Italia è al primo posto nell’Ue a 27.

Dal mare e dalle acque interne provengono 18,5 miliardi di metri cubi di acqua, utilizzati nel raffreddamento degli impianti di produzione di energia elettrica, di cui l’88,1% dal mare e il restante 11,9% dalle acque interne, che derivano, oltre che da corsi di acqua, canali e pozzi, anche da acquedotti industriali, da altri processi produttivi degli stabilimenti vicini e dagli impianti di depurazione delle acque reflue.

Nella manifattura, compreso l’estrattivo, il consumo è di 3,8 miliardi di metri cubi, con un utilizzo di 5,9 litri di acqua per ciascun euro di produzione realizzata. I settori più idro-esigenti sono quello estrattivo con 21,7 litri utilizzati per euro di produzione venduta, seguito dal tessile (20,9 litri per euro), petrolchimica (17,5 litri per euro), farmaceutica (14,1 litri per euro), gomma e materie plastiche (12,4 litri per euro), vetro ceramica, cemento, ecc. (11,2 litri per euro), carta (10,1 litri per euro) e prodotti in metallo (7,4 litri per euro).

In questi dieci comparti manifatturieri con una più elevata intensità di utilizzo dell’acqua, nei quali si concentra il 69,3% dei consumi delle imprese di produzione – pari a 12,1 litri di acqua per euro di produzione, più del doppio della media – operano oltre 118mila imprese con 1,268 milioni di addetti, oltre un terzo (34,1%) del totale. In questo perimetro, oltre un addetto su due (54,8%) lavora in micro e piccole imprese, mentre nelle 71mila aziende artigiane lavorano 287mila addetti, pari al 22,6% del totale.

Nel terziario vanno considerate le imprese dei servizi alla persona: lavanderie, acconciatori ed estetisti, che registrano un maggiore consumo di acqua. In questo perimetro in Italia operano 149mila imprese che danno lavoro a 317mila addetti, con l’artigianato che pesa per il 73% delle imprese e il 60,2% degli addetti.

A fronte di condizioni di elevata siccità, nei primi cinque mesi del 2022 la produzione idroelettrica è crollata del 39,7%. La quota dell’idrico scende di otto punti in un anno, passando dal 16,7% della produzione di elettricità dei primi cinque mesi del 2021 al 9,7% dello stesso periodo del 2022. Nel confronto internazionale, con ultimi dati disponibili a marzo 2022, nel primo trimestre di quest’anno l’Italia segna un calo del 44,2% rispetto allo stesso periodo del 2021, più intensa della flessione del 27,4% della media Ue.

Le condizioni meteoclimatiche contribuiscono fortemente all’aumento del degrado e quindi alla vulnerabilità alla desertificazione, che interessa il 28% del territorio in Italia, principalmente nelle regioni meridionali.

Confartigianato evidenzia che non tutta l’acqua immessa nelle reti viene effettivamente erogata agli utenti finali. Nel 2020, nei comuni capoluogo di provincia e città metropolitane si è disperso il 36,2% dell’acqua immessa in rete, con una ampia variabilità territoriale.

Le condizioni di massima criticità, con perdita di più dei due terzi dell’acqua immessa, si registrano a Siracusa (67,6%), Belluno (68,1%), Latina (70,1%) e Chieti (71,7%). All’opposto, migliori condizioni delle infrastrutture determinano perdite idriche totali inferiori al 25% in circa un Comune su cinque e in sette capoluoghi i valori dell’indicatore sono inferiori al 15%: Macerata (9,8%), Pavia (11,8%), Como (12,2%), Biella (12,8%), Milano (13,5%), Livorno (13,5%) e Pordenone (14,3%).

Le elevate perdite della rete degli acquedotti sono causate del mancato ammodernamento delle infrastrutture idriche. In Italia la spesa pubblica per la gestione dell’acqua – si tratta della spesa per approvvigionamento idrico e trattamento delle acque reflue - nel 2020 è ammontata a 1,549 miliardi, pari a 26 euro per abitante, circa un terzo dei 72 euro della spesa media Ue e un livello ampiamente inferiore rispetto ai 59 euro della Spagna, i 70 euro della Germania e i 115 euro della Francia.

In dieci anni la spesa pubblica per la gestione dell’acqua in Italia si è ridotta di un terzo (-32,9%), in Francia è stata costante (+0,1%) e in Germania è salita del 30,6%.

Dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono attesi interventi per garantire la gestione sostenibile delle risorse idriche. Il Pnrr mette a disposizione 4,380 miliardi, di cui 2 miliardi per infrastrutture idriche primarie, 900 milioni per ridurre le perdite nelle reti di distribuzione, 880 milioni per investimenti nell’agrosistema e 600 milioni per investimenti in fognatura e depurazione, questi ultimi necessari a fronte delle procedure di infrazioni comunitarie e le sentenze di condanna da parte della Corte di Giustizia europea.


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