Storia & storie - 25 luglio 2022, 09:04

Pietro Bordino, il "Diavolo rosso" di Torino

Pietro Bordino sulla S76

Pietro Bordino sulla S76

di Francesco Amadelli*

Molti ricordano il nome di Tazio Nuvolari come pilota automobilistico impulsivo, ma vi fu un altro corridore con il quale si confrontò in gara, altrettanto esuberante e incontenibile: Pietro Bordino.

Nasce a Torino nel novembre del 1887, figlio del custode della prima officina Fiat, si fa subito notare fin da adolescente per la passione per i motori. Tutti lo prendono a benvolere e presto entra come apprendista nell’azienda nella quale già lavora come pilota-collaudatore Vincenzo Lancia. Sarà quest’ultimo ad insegnargli il mestiere di corridore, dato che non esistono scuole: l’apprendimento avviene esclusivamente sulla strada sotto la guida di un anziano.

E’ magro e la sua corporatura lo agevola nell’entrare e nell’uscire dalle vetture sportive, dagli spazi sempre molto esigui. Accanto a Vincenzo Lancia il contrasto è evidente: tanto sovrappeso il primo quanto minuto il giovane Bordino.

Al seguito dell’anziano Vincenzo Lancia, Bordino comincia ad apprendere i segreti della guida sportiva; il suo debutto nelle competizioni avviene nel 1909 nella Chateau-Thierry nella quale comincia a mostrare le sue doti di aggressività. Nel 1911 battè il record di velocità sul miglio sulla pista di Brooklands (la prima in assoluto nella storia dell’automobilismo sportivo), vicino a Londra con una vettura enorme da 300CV e 28.000cc denominata S76 che raggiunse i 200 Km/h. Disputerà altre gare, fra le quali alcune motociclistiche, mettendosi sempre in evidenza per l’irruenza del suo carattere.

Dopo la forzata sosta dovuta al conflitto mondiale nel 1919, Bordino riprende a correre con moto e vetture capeggiando la squadra corse Fiat nel 1921 alla Targa Florio, ma dovette ritirarsi dopo aver chiesto troppo alla vettura che ebbe un cedimento meccanico.

Negli anni 1921 e 1922 si permise di sfidare gli americani sulle loro piste vincendo una gara di 250 miglia su di un percorso nei pressi di Los Angeles. La vittoria gli valse l’appellativo di “Diavolo Rosso”.

Il suo nome si affiancava ormai a quelli di altri campioni del volante come Salamano, Cagno, Nazzaro. Sul circuito di Brescia del 1922 nel Gran Premio d’Italia tentò l’impossibile ma una foratura a una gomma e la rottura della pompa dell’olio misero fuori uso la sua vettura. Nel settembre del 1922, in occasione dell’inaugurazione della pista di Monza, corse con la Fiat 804S con la quale vinse, mentre Felice Nazzaro arrivò secondo, dopo una gara entusiasmante durante la quale seppe tenere a freno la propria irruenza. Essa rimase la caratteristica della sua condotta di guida che gli costò spesso la rottura del mezzo meccanico in piena gara, così avvenne in diversi Gran Prix in Francia e in Italia. L’unica soddisfazione rimaneva il giro più veloce ma la vittoria gli sfumava sotto il naso per un accanimento deleterio per la sua carriera e per la Fiat con la quale corse.

Dopo le deludenti gare disputate e una maggiore esperienza acquisita anche sulle piste americane di lunga percorrenza, si ripresentò sul circuito di Monza nel Gran Premio Città di Milano con la nuovissima fiat 806, monoposto dodici cilindri da 187 CV e vinse alla media di 150 Km/h. Si trattava di una vettura potente che anticipava una nuova formula competitiva: non più il meccanico al suo fianco, soltanto il pilota a condurre il bolide. Non era la Formula 1 ma già ne anticipava lo spirito. Intraprese la gara a una velocità ritenuta pazzesca. Seppe però trattenersi inizialmente, risparmiando la vettura con la quale tagliò il traguardo.

Si trattò di una vittoria dalla quale trasse maggior gloria. Ma ai vertici della Marca torinese qualcosa si stava muovendo ed era un qualcosa che gli fu taciuto e al quale Giovanni Agnelli stava pensando già da tempo. Vedremo di che si tratta.

La Fiat, a sorpresa, si ritira dalle corse ritenute da Agnelli troppo dispendiose in denaro, uomini e mezzi; il tempo gli darà ragione.

Bordino non molla, così nel marzo del 1928 si presenta sulla linea di partenza del circuito del Pozzo a Verona con una Bugatti 2.300cc. Stavolta dovrà vedersela con Tazio Nuvolari il quale, troppo esperto e più spericolato di Bordino, vince la gara a bordo di un’altra Bugatti nonostante il tempo proibitivo. A Bordino la sconfitta gli brucia, così chiede e ottiene la rivincita.

Questa si presenta a settembre dell’anno successivo, sul circuito di Alessandria. Questa volta condurrà una Bugatti 2300 con compressore, ritenuta micidiale. E lo sarà, micidiale! Il 16 aprile, in fase di prova, un cane gli taglierà la strada andandosi a incastrare nella tiranteria dello sterzo. L’impatto è violento e la vettura, ingovernabile, finisce nel rio Loreto: Bordino e il meccanico Lasagne perdono la vita.

Il Grande Asso dell’automobilismo è sepolto nel Cimitero Monumentale di Torino.

Nelle prossime puntate parleremo delle vetture Fiat S76 e 806 sulle quali corse Pietro Bordino.

* Scrittore, storico dell'auto




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