Piazza Affari | 15 maggio 2022, 09:49

Quotate: record donne nei cda, ma poche ad

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La presenza femminile negli organi di amministrazione delle società quotate ha raggiunto il massimo storico osservato sul mercato italiano (41% degli incarichi). Lo ha rilevato la Consob, l'autorità di vigilanza della Borsa, nel suo nuovo rapporto sulla corporate governance delle società quotate italiane, spiegando che il record è un effetto delle norme volte a riservare una quota dell’organo sociale al genere meno rappresentato (Legge n. 120/2011 e Legge n. 160/2019).

A fine 2021, infatti, le 131 imprese che hanno applicato la quota di genere dei due quinti, prevista dalla Legge n. 160/2019, contano nei propri cda in media quattro donne (quasi il 44% del board, mentre nelle restanti società i dati sulla presenza femminile sono solo marginalmente inferiori).

In linea con quanto osservato negli ultimi anni, però, rimane limitato il numero di casi in cui le donne ricoprono il ruolo di amministratore delegato o di presidente dell’organo amministrativo, mentre risulta più diffuso il ruolo di consigliere indipendente. Le donne sono titolari di più di un incarico di amministrazione (interlocker) nel 30% dei casi, dato in flessione rispetto all’anno precedente e al massimo raggiunto nel 2019 (34,9%).

Un'altra evidenza che emerge dal nuovo rapporto della Consob è che, in generale, i membri degli organi di amministrazione delle società quotate italiane hanno un’età media di circa 57 anni e sono stranieri nel 5,5% dei casi; inoltre, sono quasi sempre laureati (89% dei casi) e con un profilo prevalentemente manageriale (66%).

Nell’ambito degli organi di amministrazione, dunque, sono emersi complessivamente una lieve riduzione dell’età media, un innalzamento del livello di istruzione e una maggior diversificazione dei profili professionali. L’impatto delle quote di genere sulla diversity dell’organo di controllo è, invece, meno marcato.

Inoltre, i consigli di amministrazione delle quotate italiane, stabilmente composti da circa dieci membri, mostrano alcuni mutamenti quanto a presenza di consiglieri indipendenti e di minoranza. In media, almeno due amministratori in ciascun board siedono anche in organi di amministrazione di altre società quotate.

Con riguardo ai comitati endoconsiliari, il comitato remunerazione e quello controllo e rischi rimangono i più diffusi, mentre continua a crescere il numero di emittenti che istituisce, rispettivamente, il comitato nomine e il comitato sostenibilità. I comitati sono composti prevalentemente da amministratori indipendenti e da donne in oltre la metà dei casi; il background professionale dei membri risulta più diversificato rispetto a quello dell’intero consiglio di amministrazione, per effetto di una presenza del profilo manageriale meno marcata.

Gli amministratori con competenze in materia di sostenibilità ricoprono in media il 14,6% degli incarichi; il dato è più elevato per le società più grandi e tra le donne.

Quanto al collegio sindacale, in media risulta composto da tre membri effettivi, dato sostanzialmente stabile nel tempo; le società con almeno un sindaco di minoranza sono il 59% del totale. I membri degli organi di controllo hanno in media 56 anni e sono raramente stranieri; sono laureati nel 96% dei casi e con un profilo riferibile a quello del professionista/consulente in circa l’85% dei casi.

Fra l'altro, dal rapporto della Consob emerge anche che la concentrazione proprietaria delle società quotate italiane è lievemente calata nel tempo; infatti, la quota del primo azionista è passata in media dal 48,7% nel 1998 al 47,6% nel 2020. Comunque, in linea con gli anni precedenti, le famiglie continuano a essere i principali azionisti di riferimento, controllando il 64% delle imprese quotate, mentre lo Stato e gli altri enti locali rappresentano l’azionista di riferimento in circa una società su dieci.

A fine 2020, la presenza di investitori istituzionali nell’azionariato rilevante delle società quotate italiane, sebbene in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente, rimane più diffusa nel confronto con il dato di lungo periodo per i soggetti esteri (azionisti rilevanti in 50 imprese a fronte di 36 nel 2011) e registra un aumento per gli investitori italiani per la prima volta nell’ultimo decennio (18 società).

Per quanto riguarda la separazione fra proprietà e controllo, si conferma la progressiva riduzione dell’intensità del fenomeno. È sempre più diffuso il voto maggiorato, che a fine 2020 è previsto nello statuto di 64 quotate, rappresentative di poco più del 17% del valore totale di mercato e risulta vigente in 40 società.

Infine: nel 2021, la partecipazione degli azionisti alle assemblee delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione ha registrato un aumento rispetto all’anno precedente, essendo intervenuto in media il 74,6% del capitale sociale, contro il 73,6% registrato nel 2020.

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