Per gentile concessione dell'autore, pubblichiamo le conclusioni del nuovo studio di Mauro Zangola intitolato “Una Repubblica fondata sul lavoro? Un'analisi su come sono attuati gli articoli 4, 36 e 37 della Costituzione”
di Mauro Zangola*
L’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro, come sancisce l’art. 1 della Costituzione? A questo interrogativo, più che mai attuale, abbiamo scelto di rispondere andando a vedere come sono attuati gli articoli della Costituzione sui quali si fonda la previsione dell’articolo 1.
Lo abbiamo fatto attraverso una lettura molto attenta e approfondita degli indicatori statistici per far emergere chi usufruisce del diritto al lavoro e chi ne è escluso (articolo 4); per verificare se la retribuzione garantisce al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa (art. 36); se le donne hanno pari diritti degli uomini (art.37).
Il quadro emerso è a dir poco sconfortante. A renderlo più drammatico è il confronto con gli altri Paesi europei nei confronti dei quali vantiamo una lunga serie di primati negativi.
In Italia si lavora molto meno: in quindici anni il tasso di occupazione è cresciuto solo di 2 punti percentuali; in compenso il divario fra Nord-Sud, già molto alto, è cresciuto di 4 punti. Se in Italia lavorasse la stessa percentuale di cittadini che lavorano in Svezia avremmo oltre 5 milioni di italiani occupati in più rispetto ai 22,8 milioni attuali.
Più di un terzo delle persone in età lavorativa (circa 13 milioni) non lavora o il lavoro non lo cerca. Più della metà dei disoccupati sono senza lavoro da più di 12 mesi. Cresce il numero dei giovani Neet; sono un quarto dei 15-29enni; la quota più alta, manco a dirlo, in Europa.
Molti di quelli che lavorano, soprattutto se giovani e donne, lo fanno in situazioni di grave insicurezza a causa dell’esplosione del lavoro precario e discontinuo di breve e brevissima durata e della piaga della sovraistruzione.
La disponibilità di un lavoro non è di per sé garanzia di una vita dignitosa se la retribuzione è molto bassa. Lo sanno i “lavoratori poveri”. Un fenomeno, relativamente nuovo e in costante crescita, che coinvolge un quinto dei lavoratori. In Italia il raggiungimento di una retribuzione dignitosa è reso problematico anche a causa delle disparità salariali e della loro stagnazione.
In Italia, i divari di genere sono ancora tanti e ampi: se in Italia le donne avessero lo stesso tasso di occupazione degli uomini avremmo 3.000.000 di donne occupate in più, di cui 300.000 giovani tra i 15 e i 29 anni.
Alla luce di questi dati che risposta diamo al quesito che è alla base di questo studio: l’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro?
No, almeno fino a quando il lavoro, dopo essere stato trascurato e maltrattato. tornerà al centro della vita economica e sociale. Ciò richiede un’ampia riflessione sul significato e sul ruolo che intendiamo dare al lavoro. Un impegno che dobbiamo alle nuove generazione se non vogliamo che lavorino, se va bene, fino a 70 anni, per arrivare a percepire una pensione di 600 euro o che non vadano a ingrossare le fila dei lavoratori poveri.
* Economista ed editorialista