| 11 marzo 2022, 07:15

Quell'America conformista descritta da Cheever

Quell'America conformista descritta da Cheever

di Francesco Amadelli

Uno scrittore americano, con visione forse profetica, ha descritto la società del suo Paese negli anni ’50 con una semplicità che rasenta la spietatezza. La sua prosa è sferzante ma non offensiva, tagliente senza essere brutale. E' John Cheever (1912-1982). La società da lui descritta scorre davanti ai nostri occhi mentre è dedita alle occupazioni di tutti i giorni, secondo le abitudini che ne segnano il vivere quotidiano in una ripetitività che nelle sue mani si trasforma in un atto di accusa per il conformismo di cui è impregnata.

Il protagonista dei suoi racconti (egli stesso, sebbene con diverso nome) rivolge la parola al lettore in una sorta di confessione di prima mano, dalla quale risalta l’odio per la dimensione uniforme, omogenea di vita alla quale è legato.

I racconti di Cheever in “Una visione del mondo” (Feltrinelli) rimangono attualissimi per come descrivono la società americana post-bellica, in pieno periodo di Guerra Fredda (ne fa fede il racconto con il rifugio anti-atomico) che pare opprimere il lettore, senza che questa venga mai citata. Sappiamo dalle cronache, oltre che dal cinema e dalla letteratura, come essa divenne un incubo per il contribuente americano di quel periodo.

I vizi, le abitudini, il conformismo, resero il cittadino medio impotente e incapace di uscire dagli schemi sclerotizzati della propria vita. Il sesso compiuto al di fuori del matrimonio, il whisky, il gioco sono il rifugio di una vita condotta senza apparenti ostacoli, ragioni e obiettivi.

Fra i tanti racconti primeggia “Il nuotatore” (dal quale molti anni or sono fu tratto un film con Burt Lancaster) nel quale il protagonista ripercorre la propria vita apparsagli improvvisamente davanti agli occhi in tutta la sua crudezza e per lui sarà un attimo decisivo, quello della verità. Percorrerà la Contea attraverso le piscine nelle ville dei suoi amici e conoscenti viaggiando a ritroso nella propria vita, dopo essere giunto a quel punto dell’esistenza, comune a tutti, in cui ciascuno di noi traccia un bilancio fatto di chiaro-scuri; una confessione sincera, priva di autoassoluzioni dalla quale uscirà “l’uomo”, messo a nudo di fronte alle responsabilità (anche le nostre) contenenti più scuri che chiari che lo colpiranno impietosamente.



Ti potrebbero interessare anche:

In Breve