- 27 febbraio 2022, 09:42

Cervello, come e perché tenerlo allenato

Cervello, come e perché tenerlo allenato

di Gabriella Bruschi*

Allenare la mente: chi fa selezione del personale per le aziende lo sa bene. Contano certamente le competenze tecniche per ricoprire un certo ruolo, ma altrettanto importati sono le abilità cognitive. Capacità di concentrazioneattenzionememorialuciditàresistenza sono le principali abilità necessarie per eseguire al meglio il proprio lavoro. Abilità che solo per il 20% sono da attribuire al proprio Dna, mentre per il rimanente 80% dipendono dalla capacità di ciascuno di saperle stimolare e irrobustire, a prescindere dall’età. “Sempre più aziende vanno alla ricerca di personale con specifiche caratteristiche cognitive per svolgere un dato lavoro” dice Giuseppe Alfredo Iannoccari neuropsicologo, docente di Scienze Umane all’Università Statale di Milano e presidente dell’associazione Assomensana.
Ogni lavoro ha bisogno di abilità cognitive specifiche. Dal lavoratore addetto al controllo di un prodotto finito, al manager che deve focalizzarsi su più settori contemporaneamente. Lo stesso vale per un insegnante che deve sintetizzare e rendere semplici argomenti difficili, magari in smart working, per uno studente che deve preparare un esame, per chi deve esporre un progetto in un convegno.

Le abilità cognitive si possono migliorare e con esse anche il rapporto con la vita?

“Gli studi scientifici più recenti hanno evidenziato una grande novità: le attività cognitive si possono incrementare, migliorare, stimolare con le adeguate strategie ottenendo eccellenti risultati a qualsiasi età” dice Iannoccari. “E d’altro canto, migliorare le proprie abilità consente di avere maggiori soddisfazioni nel proprio lavoro, aumentare l’autostima, in generale rendere migliore il proprio rapporto con la vita”. Bisogna pensare al cervello come un muscolo: sappiamo bene che allenandoci in palestra il bicipite migliora. La stessa cosa avviene per il cervello: va allenato, stimolato, irrorato perché possa avere la migliore performance possibile nel presente e anche nel futuro”.

Qual è l’approccio migliore per migliorare le abilità cognitive?

“Innanzitutto per stimolare la nostra mente occorre non smettere mai di imparare, di cimentarci in nuove cose e attività” risponde Iannoccari. “I neuroni così stimolati, continueranno a produrre quelle sostanze chimiche che ne incrementano il volume e la tonicità consentendo loro di lavorare meglio, a qualsiasi età”.
Se al contrario le abilità cognitive non vengono stimolate, alla lunga si sperimentano situazioni frustranti che possono portare depressione, isolamento, timore di non essere all’altezza. “Si crea in sostanza un circolo vizioso: meno mi impegno a fare, meno imparo e meno riesco a fare. Ma se faccio meno, il mio cervello meno si attiva e si arriverà alla cosiddetta “inflazione mentale”: è come pensare di lasciare il capitale sotto il materasso senza farlo fruttare, nel tempo verrà eroso dall’inflazione e diminuirà. Se invece lo si mette a frutto potrà aumentare”.

Che cosa fa rallentare il cervello?

“In tutte le professioni sono sempre gli schemi automatici a fare da freno. Se si ripete di continuo una medesima attività, non si attiva nulla nel cervello: dal pianista che replica sempre lo stesso spartito, al contabile che rivede gli stessi conti, all’operaio che esegue sempre la medesima mansione, fino a chi gioca sempre allo stesso gioco di carte o fa lo stesso allenamento sportivo.

Cambiare le regole, modificare gli schemi: è la strategia per un cervello in ottima forma?

“Modificare gli schemi, apprenderne di nuovi, provare le varianti, sperimentare nuovi giochi, cambiare le regole: sono tutte azioni che fanno uscire dalla “confort zone” del cervello e smuovono i neuroni”.
L’attività cerebrale non è necessariamente legata al solo fattore anagrafico. Eravamo tutti convinti che la vita fosse una curva a campana, ascendente fino a un certo punto e poi discendente. Oggi, invece, la vita è considerata una crescita continua, ricca di successivi apprendimenti e opportunità.
Ciò è testimoniato dal numero sempre crescente di persone lucidissime, molto colte e piene di progetti nuovi anche oltre i 90 anni. Dunque il tema è proprio qui. Che cosa hanno in comune le attività cognitive di un 30enne e quelle di uno di questi senior ?

“Il fattore più importante -che soprattutto è un atteggiamento e uno stato mentale- è la curiosità: essa è il motore per capire cose nuove, sperimentare nuove abilità che, una volta acquisite, aprono la strada ad altre nuove, e così via allargando sempre più gli interessi”.
Chi invece ha un atteggiamento rinunciatario, a 30 come a 90 anni, nei confronti di ciò che gli è sconosciuto, nuovo o apparentemente difficile, è destinato a peggiorare rapidamente: la rinuncia nuoce gravemente alla salute. La curiosità consente invece di raccogliere gli stimoli e portarli alle altre abilità: alla memoria, considerata la regina di tutte le attività cognitive, all’attenzione, alla concentrazione.
Ci sono ben 17 tipi di memoria diversi – spiega Iannoccari – quella per i nomi, quella per i volti e quella per i numeri, ma anche quella procedurale (l’abilità di sapere come fare le cose), la prospettica (ricordarsi di fare una cosa più tardi), semantica (ricordare che significato hanno i termini e a che cosa servono gli oggetti).
Ci sono persone molto dotate su alcuni fronti, ma meno in altri. Un po’ come accade per gli sportivi: chi eccelle nella maratona non è detto che abbia le medesime performance nei 100 metri. Ognuna di queste può essere stimolata con trucchi, esercizi e strategie anche divertenti che Assomensana ha messo a punto nei corsi di Ginnastica Mentale che si svolgono in più di 30 province italiane.

Alcuni sono molto semplici: si potrebbe per esempio iniziare con l’abbandonare o limitare le cosiddette “protesi mentali” costituite da agende e rubriche elettroniche e ricominciare a imparare a memoria alcuni numero di telefono e memorizzare appuntamenti e compleanni, suggerisce Iannoccari.
Oppure si può evitare di frammentare troppo l’attenzione spostandosi continuamente dall’attività principale allo smart phone o ai social: si potrebbero creare dei “Tech-break” nel corso della giornata in cui concentrare queste attività. Altro meccanismo utile al cervello è la narrazione verbale: raccontarsi, raccontare episodi, ripetere trame di film o di romanzi sono tutte attività che tengono allenato il cervello. Infine il suggerimento di sperimentare qualsiasi tipo di attività nuove: uno sport, un viaggio, un corso, un hobby, uno strumento musicale, un gioco, persino provare a usare la mano non dominante nei piccoli gesti.

“Sono tutte attività collaterali all’attività lavorativa principale, ma che diventano sinergiche con essa e la migliorano” conclude Iannoccari. E’ da poco uscito il suo nuovo libro sul tema: “I 10 pilastri per un cervello efficiente” edito da Franco Angeli.

* Per gentile concessione di Firstonline, autorevole giornale web di economia e finanza diretto da Franco Locatelli e presieduto da Ernesto Auci

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