| 13 febbraio 2022, 00:34

All'Accademia Albertina la Torino del Liberty

Campo di garofani di Giulio Casanova

Campo di garofani di Giulio Casanova

di Francesco Amadelli

Di pregio e lodevole la mostra (“Disegnare la città”) che l’antica Accademia Albertina - fondata nel 1678 dalla duchessa Maria Giovanna di Savoia - ha allestito nella propria sede riguardante Torino nel periodo storico–artistico dominato dall’eclettismo e, subito dopo, dal Liberty. L’eclettismo mirava ad armonizzare in un'unica sintesi l’atteggiamento di diversi movimenti filosofici e artistici mentre il Liberty (art nouveau in Francia, Jugendstil in Germania, Modern Style in Gran Bretagna) nacque ai primi del ‘900, ispirandosi alla natura e ai fiori senza seguire canoni stilistici prestabiliti.

La Nobildonna donò un palazzo in via Po (ora sede dell’Università) per erigere la sede primigenia dell’Accademia, in seguito trasferitasi nell’attuale edificio a opera di Carlo Alberto di Savoia (da cui il nome Albertina).

Grazie alla competenza della guida e la gentilezza del personale, parte del quale composto da stagisti stranieri, ammiriamo lo Statuto di fondazione dell’austera Accademia redatto a mano nel 1716, con grafia elegante e tuttora viva, dal quale apprendiamo come le donne, prevalentemente di estrazione nobile, avessero la possibilità, assieme agli uomini, di iscriversi ai corsi di disegno in quel lontano periodo facendo dono di una delle loro opere.

A quel tempo, la partecipazione femminile non arrivava al 20% mentre oggi supera di gran lunga quella maschile. Fortunatamente il mondo si evolve venendo a cadere alcune abitudini che però, già allora, non costituivano un tabù.

La presenza femminile aggiunse ricchezza alle collezioni grazie, per esempio, a Evangelina Alciati (1883 – 1959) allieva di Giacomo Grosso, della quale ammiriamo alcune opere. Doveroso il passaggio dalle incisioni di Francesco Gonin (allievo di O.Tabacchi) a quelle dello scultore Bistolfi, le cui opere si trovano tuttora in alcune piazze e strade di Torino.

Per l’Esposizione del 1902 ci viene mostrato il catalogo originale, pezzo raro e delicato da trattare materialmente con i guanti. Con l’arrivo dello scultore Edoardo Rubino (allievo di Odoardo Tabacchi) il Liberty entra nelle case di tutti grazie alle famose ceramiche Ginori, di fattura delicata e preziosa il cui nome fu sinonimo di pregevole qualità.

Non manca neppure un riferimento ai pittori inglesi pre-raffaelliti e al loro tentativo di ritorno alla pittura naturale dei “Primitivi” scevra da contaminazioni precedenti a Raffaello. Fra le opere esposte anche un bozzetto di Waterhouse.

Uno dei soggetti preferiti dai pittori Liberty fu senza dubbio la Donna, che ritroviamo nei quadri del pittore ceco Alphonse Mucha (1860 – 1939 ) e l’italiano Giovanni Boldini (1842 – 1931). Entrambi metteranno in risalto le curve, l’avvenenza e la leggiadria dell’essere femminile con opere rimaste famose. Di questa nuova tendenza approfitterà la contessa Casati la quale, anticipando alcuni atteggiamenti e mode dannunziane, scandalizzerà la società del tempo con il suo atteggiamento provocatorio fatto di costosi vestiti di seta trasparente, in grado di mostrare un bellissimo corpo ritenuto impudico dai censori dell’epoca.

Nel medesimo tempo le Gibson-girls metteranno in evidenza vestiti e pettinature sontuose di non facile portamento spesso costrittivi ma sempre superbamente eleganti: Lina Cavalieri, definita la “Donna più bella del mondo, rimarrà un esempio unico. La sua bellezza verrà sancita molti anni dopo da un film del 1955, nel quale Gina Lollobrigida la interpreterà magistralmente; del resto anche a lei la bellezza non faceva difetto. Siamo all’inizio del XX secolo e i canoni della bellezza contrastano fortemente con quelli attuali.

Saranno altri due artisti a puntualizzare la “bellezza” nell’arte: Giulio Casanova e Giacomo Grosso (1860 – 1938). Quest’ultimo verrà criticato dai benpensanti per i nudi di donna in grado di offrire una punta di erotismo allora sconosciuto.

Giulio Casanova (1875 – 1961) passò dal disegno materialistico a quello geometrico prendendo in considerazione la decorazione architettonica di alcuni luoghi cari ai torinesi come il caffè Baratti&Milano e il Palazzo delle Poste Centrali di via Arsenale: splendidi esempi artistici sopravvissuti alle molte nefandezze compiute dall’uomo nonché dalle molte amministrazioni comunali succedutesi nel tempo.

La mostra si completa con l’esposizione dei cartoni integri, cioè mai utilizzati per lo scopo per il quale furono eseguiti, di Scuola di Defendente Ferrari: non siamo in epoca Liberty bensì tre secoli prima e una sosta per ammirarli si rende doverosa.

Il periodo Liberty fu concepito come un periodo di divertimento e di goliardia: ne è prova il Diploma sul quale venne redatto l’atto di nascita del Bogo, ordine cavalleresco fantastico e spassoso che gli studenti del vicino Ateneo scrissero nell’illusione di una gioventù immutevole.

Siamo prossimi alla conclusione dell'esposizione e gli organizzatori, con un vero coup de theatre, ci permettono deliziarci con i balli e le musiche di inizio secolo eseguite con strumenti rari grazie ai figuranti dell’Associazione “Le vie del Tempo”. Un finale degno della mostra che altrimenti non sarebbe stata di facile adattamento con il pericolo di dimostrarsi un po’ noiosa e pedante. Niente di tutto ciò per merito di quell’antica struttura che è l’Accademia Albertina, capace di riproporci con freschezza e semplicità uno dei periodi più floridi di Torino. Da non perdere prima che termini (opportunamente è stata prorogata al 27 giugno).



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