Uno degli indicatori statistici che descrive la partecipazione dei giovani al mercato del lavoro misura la quota di coloro che non hanno un lavoro, né sono inseriti un percorso di istruzione o formazione, è il Neet, acronimo di Not in Education, Employment or Training. In Italia i Neet inattivi rappresentano, in valore assoluto, un segmento consistente della popolazione giovanile, pari, nel 2020, a 1,412 milioni di giovani under 30, saliti di 146 mila unità (+11,6%) rispetto al 2019. Di questi, 707 mila appartengono alla forza lavoro potenziale – somma di coloro che non cercano attivamente un lavoro, ma sono disponibili a lavorare e di coloro che cercano lavoro, ma non sono subito disponibili – mentre 704 mila non cercano e non sono disponibili al lavoro.

In chiave territoriale, la quota di Neet più elevata della media nazionale si riscontra in sette regioni del Mezzogiorno: Sicilia con 37,5%, Calabria (34,6%), Campania (34,5%), Puglia (29,4%), Molise (28,3%), Basilicata (26,3%) e Sardegna (26,1%). Seguono il Lazio con 22,4%, prima regione del Centro; Abruzzo con 20,7%, poi Liguria con 20,1%, prima regione del Nord, Piemonte con 18,8% e Umbria con 18,7%. Quote contenute per Emilia-Romagna (15,9%), Veneto (14,7%), Trentino (14,6%), Friuli-Venezia Giulia (13,6%) e Alto Adige, con il tasso più basso (12,4%).

Gli aumenti maggiori nel 2020 – più del doppio della media nazionale – si riscontrano per Molise e Umbria, dove la quota di Neet sale di 3,6 punti rispetto a quella del 2019, per Piemonte (+3,2 punti percentuali), Alto Adige (+2,7 p.p.), Lombardia e Marche (+2,6 p.p).

In Italia il 15,7% dei giovani fino a 29 anni oltre a non essere in un percorso di istruzione o formazione, non si offre nemmeno sul mercato del lavoro: Questo tasso è quasi il doppio della media Ue (8,6%) e il più alto tra i 27 Paesi dell’Unione europea, davanti anche a Bulgaria (14,7%) e Romania (14,7%). E un aspetto più critico per l’Italia è dato dall’aumento nel 2020 di 1,7 punti percentuali di questa quota di Neet under 30 che non si offrono sul mercato del lavoro, il secondo incremento più elevato nell’Unione europea, dopo quello dell'Irlanda (+2,8 punti).

Nel confronto internazionale, tra gli Stati membri dell’Unione Europea si osserva un’ampia variabilità nei tassi di Neet. Nel 2020, per le persone di età compresa tra 15 e 29 anni, l’incidenza di soggetti non occupati (disoccupati o inattivi, al di fuori della forza lavoro) e non inseriti in un percorso formativo e di istruzione risulta più contenuta nei Paesi Bassi (5,7%), in Svezia (7,2%), in Lussemburgo (7,7%) e Germania (8,6%).

Sono undici gli Stati membri che, invece, hanno registrato tassi di Neet superiori alla media Ue del 13,7%. Tra questi, la quota più elevata di giovani di età compresa tra 15 e 29 anni né occupati né iscritti a corsi di istruzione e formazione si registra in Italia (23,3%) davanti a Grecia (18,7%), Bulgaria (18,1%) e Spagna (17,3%). Un confronto tra Italia e Paesi Bassi, gli Stati membri dell’Ue con i tassi di Neet più alti e più bassi nel 2020, rivela che la percentuale di Neet è 4,1 volte più alta tra gli under 30 italiani che tra i giovani olandesi.

Nell’anno della pandemia, con gli effetti del lockdown sul mercato del lavoro, la presenza dei Neet torna a salire, dopo una costante riduzione tra il 2014 e il 2019.

Ai temi della formazione dei giovani e dell’emergenza educativa in Italia è dedicato il primo ‘Quaderno’ della Fondazione Germozzi, presieduta da Giulio Sapelli, con la prefazione di Marco Granelli e nel quale l’Ufficio Studi di Confartigianato ha curato una ampia analisi degli indicatori del mercato del lavoro giovanile, tra cui anche la quota di Neet under 30. In parallelo alla elevata presenza di Neet inattivi si osserva il paradossale aumento della difficoltà di reperimento del personale, particolarmente marcato per le professioni specializzate.