| 18 dicembre 2021, 08:37

Rileggendo "La maschera di Dimitrios"

Rileggendo "La maschera di Dimitrios"

di Francesco Amadelli

Le opere dei grandi scrittori non tradiscono mai. E’ il caso de “La maschera di Dimitrios” di Eric Ambler (Londra 1909 – 1998) vero e primo creatore di thriller e spy story secondo una scuola britannica molto imitata ma mai eguagliata. Assieme a Somerset Maugham e Graham Greene rimane un punto di riferimento di quel genere di letteratura portata in seguito sullo schermo con successo.

I protagonisti dei suoi racconti sono persone “normali”, non super-eroi; sarà proprio la loro normalità a donare, contrariamente alle previsioni, quell’atmosfera noir nella quale il lettore si sente coinvolto, quasi fosse un alter ego del protagonista. La formula ideata da Ambler è semplice senza che per questo si cada nella mediocrità dell’esposizione. Prendete uno scrittore-giornalista inglese in vacanza e portatelo in Turchia e vedrete nascere sotto i vostri occhi un intrigo trascinante.

Il romanzo uscì nel 1939, anno fatale per le sorti dell’Europa, Ambler percepiva il cambiamento prossimo a venire. Gli anni posti fra la due Guerre, l’ambiente fumoso e complottista dei Balcani dell’epoca, i personaggi ambigui che si muovono in ambienti equivoci, sono il palcoscenico di una storia adatta a qualsiasi periodo della Storia europea. Metteteci un giornalista ignaro degli intrighi orditi a sua insaputa e la formula per un appassionante romanzo è completa.

Latimer, protagonista della vicenda, è il giornalista coinvolto nell’indagine dopo un colloquio con un potente ufficiale dei Servizi Segreti turchi, scrittore dilettante e incapace, di thriller. Sarà quest’ultimo a far sprofondare il nostro eroe (suo malgrado) in un indagine alla ricerca di Dimitrios Makropoulos sulla coscienza del quale pesano molti reati. Il suo cadavere viene ritrovato e portato all’obitorio ove Latimer lo visiona.

Il romanzo potrebbe finire quì ma Ambler è scrittore esigente, il primo a prendere parte agli avvenimenti e lo fa tramite Latimer, in un susseguirsi di colpi di scena (nei quali primeggia anche una donna con le sue rivelazioni) che lo porteranno ad incontrare Peters, altro ambiguo personaggio già complice di Dimitrios Makropoulos pronto a fargli una rivelazione cruciale per il proseguimento della storia che non riveliamo. Il finale sarà sanguinoso e inaspettato, Latimer detective improvvisato ne uscirà a testa alta.

Il romanzo è stato definito la “perfetta fusione di suspense e atmosfera, sottile analisi del funzionamento di ogni investigazione – letteraria o poliziesca che sia – questo libro, per molti il primo a essere evocato quando si parla di Ambler, è anche lo straordinario documento di un’epoca in cui la civiltà e la mente dell’uomo europeo non potevano non vedersi riflesse in uno specchio oscuro, inafferrabile e sinistro: i Balcani”.

Il lavoro di Ambler, votato dalla Crime Writer’s Association, è entrato giustamente nella lista del cento migliori romanzi del genere thriller. Nel 1944, Jean Negulesco trasse dal romanzo l’omonimo film prodotto e distribuito dalla Warner Bros. Con un Peter Lorre definito stratosferico, il film viene considerato all’altezza del romanzo dal quale non si distacca. Una vera eccezione considerando che le trasposizioni cinematografiche difficilmente sono fedeli alle opere originali dalle quali vengono tratti.



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