- 08 dicembre 2021, 10:04

Quella storia affascinante del baccalà

Quella storia affascinante del baccalà

di Francesco Amadelli

Alzi la mano chi, specie nel periodo natalizio, non ha mai mangiato il merluzzo in una delle due forme tradizionali, cioè stoccafisso o baccalà. Da secoli è ritenuto un alimento basilare nella dieta umana per l’apporto calorico e nutrizionale che fornisce e per quel gusto forte e sopraffino che lo contraddistingue da tutti gli altri tipi di pesce.

Pescato in gran quantità nell’oceano Atlantico dalle popolazioni basche e portoghesi, ha sempre rifornito le tavole di personalità di spicco come di poveri, giungendo all’interno di nazioni ove la carne era una rarità e il pesce allora conosciuto era esclusivamente quello di acqua dolce cioè delle acque interne. Troppo distante l’oceano per permettersi di trovarlo fresco, il merluzzo, oltre le tante qualità già conosciute, ne possedeva una impareggiabile: poteva essere mantenuto e, quindi, trasportato, grazie a due sistemi di conservazione semplici ed efficaci, la salatura e l’essiccamento.

Come molte altre scoperte supponiamo sia stata casuale anche quella di porre in coppia legati per la coda due grossi merluzzi stesi ad asciugare al vento, al sole e alla salsedine di quelle fredde terre ove i Vichinghi la facevano da padroni. Ciò permise loro di raggiungere terre sempre più lontane riempiendo la stiva dei Drakkar (le navi affilate e veloci) permettendo agli equipaggi di sbarcare sulle coste del Labrador, ovvero in America, con molto anticipo rispetto a Cristoforo Colombo, che si avvalse per il suo viaggio trans-oceanico di una cultura araba-mediterranea ove era sconosciuto quel pesce se non tramite il suo parente prossimo il nasello. Il navigatore genovese se lo avesse conosciuto ne avrebbe fatto certamente uso, evitando probabilmente tentativi di ammutinamento da parte di una ciurma inaffidabile se non addirittura violenta perché a stomaco vuoto.

Il libro di Carla Coco e Flavio Birri (Nel secolo del baccalà, edito da Marsilio), siciliana la prima ma veneziana di adozione e lagunare doc il secondo, ripercorrono l’iter grazie al quale il Veneto è divenuto la regione ritenuta culla della cucina e dei commerci del merluzzo.

Il pesce, entrato nell’iconografia della religione cristiana fin dal primo momento come simbolo di semplicità da parte delle iniziali comunità cattoliche, ebbe nel XVI° secolo il suo posto d’onore allorquando al Concilio di Trento la Chiesa, sferzata da Martin Lutero, varerà la Controriforma mirata a leggi aspre, ferrei digiuni e astinenze dalla carne soprattutto il venerdì, allo scopo di riportare morigeratezza nella vita dei fedeli. Il merluzzo apparve sulle mense di tutti, sdoganato come cibo adatto ad ogni “buon cristiano”.

Il naufragio alle isole Lofoten della nave di Piero Querini, nobiluomo e mercante veneziano partito da Candia nel 1431 in direzione ovest oltre le Colonne d’Ercole, permise ai suoi corregionali di conoscere quel cibo divenuto delizia nelle sapienti mani di sconosciute massaie venete delle quali possiamo immaginare la sorpresa nel vedere i propri uomini rientrare a casa dopo anni di assenza con un pesce di tali dimensioni.

Il libro ci ricorda come il merluzzo sia entrato anche nella letteratura, nelle credenze popolari, nella poesia sino a divenire simbolo di una cucina locale sopraffina.

Al Porto Vecchio di Genova, anni or sono, ebbi la fortuna di cenare in un ristorante piccolo e ambito ove i gomiti dei commensali quasi arrivano a sfiorarsi. Mi servirono due prelibatezze della cucina locale: stoccafisso accomodato alla genovese e un altro in agrodolce. La cucina ligure mi catturò con i suoi sapori leggeri in grado di addolcire quel pesce dal gusto forte rendendolo delizioso al palato.

Il libro si conclude con una serie di semplici ricette perché da sempre è semplice il modo di cucinarlo per i portuali come per coloro viventi lontani dal mare: “Regaliamo loro questi bocconcini che allora in estasi si canterà Viva la Patria del baccalà” (versi finali di una poesia del poeta e letterato Adolfo Giuriato).



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