Storia & storie - 04 dicembre 2021, 08:15

La guerra d'Algeria e il caso Mattei

La guerra d'Algeria e il caso Mattei

di Francesco Amadelli*

Amici, voi che amate la storia contemporanea, questo è il vostro libro! “Storia della guerra d'Algeria 1954-1962” di Alistair Horne (Rizzoli), scritto negli anni ’70 del secolo scorso, nelle oltre 600 pagine ripercorre l’iter storico, economico e sociale che condusse alla nascita della nazione algerina, dai primi atti di terrorismo alla battaglia di Algeri, fino all’indipendenza.

Horne, inglese, classe 1925, è stato e rimane uno dei massimi studiosi della Storia contemporanea, dalle battaglie della I Guerra Mondiale ai grandi mutamenti dell’Europa del secondo dopo-guerra. I suoi libri, nonostante la capienza, si leggono con estremo interesse per la dovizia di particolari e, soprattutto, per la passione che emerge dalla prosa dell’illustre storiografo inglese, mai di parte, oltre che attento osservatore dei cambiamenti avvenuti nel XX° secolo e dei quali l’Italia fu attore di primo piano, determinante nella politica europea grazie a imprenditori privati e alti dirigenti di Stato che un oblio, non sappiamo quanto voluto e ricercato per motivi di correttezza partitica o quanto per demerito dei nostri storici, ha gettato nel dimenticatoio ritenendolo superfluo e sorpassato.

Nel recente viaggio del presidente Mattarella in Algeria è stato inaugurato ad Algeri un giardino pubblico dedicato a Enrico Mattei. ritenuto giustamente “grande amico della nazione africana”. Perché questo riguardo per il nostro connazionale imprenditore di Stato, sconosciuto alla gran parte degli italiani? Egli ereditò dal fascismo nell’immediato dopo-guerra l’Agip che gestì con piglio deciso fino a guadagnare una autonomia sicuramente invisa alla partitocrazia da sempre imperante in Italia. Enrico Mattei comprese come la nostra nazione avesse bisogno, in tempi ristretti, di petrolio e gas naturale per quello sviluppo industriale (pubblico e privato) iniziato negli anni ’50 e in fortissima espansione.

Con il senno di poi potremmo ritenere ovvie le conclusioni del laborioso marchigiano,ma occorre tornare a quegli anni nei quali il mercato delle materie prime energetiche era nelle mani dell’America e delle sette Sorelle (le potenti Compagnie petrolifere Usa) quasi monopolizzatrici del mercato occidentale e con una nazione sovietica lenta, burocratica e non propensa a trattare con noi, ritenendoci troppo subalterni all’America e di troppo poco conto.

Horne ci riporta agli anni ’50 e ai primi movimenti indipendentisti algerini ai quali la Francia tenne dietro con violenza e repressione nel tentativo di demolire i propositi del Fln (Fronte di Liberazione Nazionale algerino). L’esperienza del Vietnam ancora scottava sulla pelle dei francesi, che decisero di richiamare “in servizio” l’uomo di maggior statura (fisica e politica) presente al momento: Charles De Gaulle. Fu presidente della Francia dal 1958 al 1969 e per lui l’Assemblea Nazionale dovette modificare la Costituzione (segno di grande coraggio, mancante in Italia) e fondare la V Repubblica.

“La fine della colonizzazione è una pagina della nostra Storia. Voltandola, la Francia sente nello stesso tempo il rimpianto di ciò che è passato e la speranza di ciò che potrà avvenire:” scrive il Generale De Gaulle nelle sue memorie, consapevole, egli che aveva assistito e combattuto nei due conflitti mondiali, del dolore e della ferocia profusa nella guerra d’Algeria (come la definiscono i francesi) oppure la Rivoluzione (come definita dagli algerini), testimone del crollo dell’impero coloniale francese dopo oltre 100 anni di sudditanza della nazione africana.

Ma torniamo al nostro Mattei. Horne nel suo libro avanza l’ipotesi che l’aereo sul quale viaggiava Enrico Mattei, caduto nell’ottobre del 1962 in circostanze misteriose, sia stato vittima di un attentato ordito dai Servizi segreti francesi venuti a conoscenza del traffico di armi instauratosi fra l’Italia e l’Fln in cambio della futura fornitura di gas, una volta ottenuta l’indipendenza. Mattei era stato partigiano nell’ultima Guerra e sapeva perfettamente come la libertà e l’indipendenza costituissero una febbre contagiosa per l’intero popolo che la ricerca e la vuole e sull’indipendenza dell’Algeria egli scommise. Vinse la scommessa ma perse la partita della vita.

Nel 1972, dieci anni dopo la scomparsa, Francesco Rosi diresse un film “Il caso Mattei” (il famoso imprenditore viene impersonato da Gian Maria Volontè) nel quale si fa l’ipotesi che l’attentato sia stato opera degli americani e più precisamente di quelle 7 Sorelle di cui abbiamo parlato, in quanto Mattei fu ritenuto troppo spregiudicato per poter continuare nella sua audace politica poco ossequiosa nei confronti degli Stati Uniti. Dissentiamo da questa ipotesi ritenendola troppo semplicistica, sorta in un periodo di nascente contestazione anti-americana con la quale si imputava agli Usa la colpa di una politica imperialista mondiale condotta sempre con mezzi feroci. Riteniamo più plausibile l’ipotesi francese, stante la piccolezza e la ininfluenza dell’Eni, creatura di Mattei, nell’ambito della politica energetica internazionale, non certo in grado di disturbare gli Usa, ma la Francia certamente sì.

Horne non dedica molte pagine del corposo volume al caso Mattei, mantiene una chiarezza di vedute degna dei migliori storici e la fa rientrare nel vasto corpus dell’intera Storia algerina.

Nel 1966, Gillo Pontecorvo, con capitali italo-algerini, diresse il famoso film “La battaglia di Algeri” allo scopo di ricordare ai dirigenti politici algerini, poco memori dei fatti da poco trascorsi, quanto influente fosse stato l’intervento del nostro Paese in generale e di Enrico Mattei in particolare, nel raggiungimento dell’indipendenza del loro Paese. La pellicola si ricorda per la crudezza delle immagini e per il valore di testimonianza di quelle passate vicende.

Anche stavolta la Francia non apprezzò la realizzazione del film impedendone la proiezione nelle loro sale per diversi anni. In compenso, il legame fra Italia e Algeria si rafforzò e le forniture di gas naturale furono assicurate. Enrico Mattei era stato lungimirante e la nostra politica energetica risente positivamente ancora oggi delle sue vedute oculate. Il giardino a lui intitolato nel centro di Algeri sta a dimostrarlo.

Ci auguriamo che il medesimo trattamento venga riservato prima o poi anche a quella “Grandissima Donna” che fu Ada Sereni, l’ebrea scampata al campo di sterminio nazista considerata a giusto titolo uno dei “Padri Fondatori” della nazione israeliana per la capacità di aver diretto e gestito in prima persona la lotta di indipendenza di Israele. Forse perché esso è malvisto da una parte cospicua della politica italiana? Non vogliamo crederlo!

Torniamo al nostro libro per evidenziare come “i drammatici contrasti – sono parole tratte dalla prefazione – siano descritti e analizzati con magistrale efficacia da Horne. Nella sua opera la documentazione storica più rigorosa si fonde con un avvincente “taglio” narrativo: ne risulta un reportage di eccezionale valore, un’opera completa e definitiva su uno degli argomenti “nodali” del nostro tempo.

Ed ora permettetemi una nota personale. Quando, nel 1966, assistetti alla proiezione del film “La battaglia di Algeri” il cinema nel centro di Torino era gremito di spettatori italiani e in gran parte francesi venuti appositamente dalla vicina nazione transalpina. Alla fine della proiezione metà della platea (quella italiana, ovviamente) applaudì mentre la parte francese si mise a fischiare ritenendola troppo di parte. L’Algeria aveva acquisito l’indipendenza da quattro anni ma i francesi ancora non l’accettavano. La folla defluì fuori della sala e solo dopo diversi anni la pellicola fu posta in circolazione anche in Francia.

* Scrittore, storico dell'automobile



Ti potrebbero interessare anche:

SU