| 06 novembre 2021, 18:39

La bagna cauda adesso ha il "semaforo"

La bagna cauda adesso ha il "semaforo"

di Rita Cavalli*

La ricetta nasce da un atto di furbizia degli abitanti del basso Piemonte. Qui infatti anticamente il sale arrivava dalle saline della Provenza e delle foci del Rodano per le “vie del sale” che attraversavano le Alpi Marittime. C’era il problema delle pesanti gabelle imposte dalle autorità che si sono succedute nei secoli alle forniture di sale. E allora che si inventarono i commercianti per fare soldi e non pagare i dazi? Riempivano i mastelli di sale per tre quarti e sulla superficie disponevano un fitto strato di acciughe, pesce povero ed economico, cosicché riuscivano a passare tranquillamente le dogane.

Così le acciughe conquistarono un posto di tutto rispetto nelle tradizioni alimentari delle popolazioni del basso Piemonte, di cui sono testimonianza piatti tipici come le anciove al bagnèt verd o al bagnèt ross

Ma sicuramente la più importante, la più celebrata, la più nota, la più amata e, nonostante il suo sapore ben deciso, è la agna cauda. A lei è destinato un evento oramai diventato internazionale. il Bagna cauda day, che si tiene per i due weekend tra novembre dicembre. una festa che ha travalicato i confini nazionali in cui in quei due weekend in Italia e all’estero centinaia di ristoranti, associazioni, trattorie cantine daranno vita a una giornata a base di bagna cauda.

L’organizzazione non è di poco conto. Sul sito www.bagnacaudaday.it ci sono gli elenchi di tutti i ristoranti che aderiscono all’iniziativa, suddivisi per aree geografiche. Perché – e qui la questione si fa seria – ogni territorio ha la sua ricetta a seconda delle zone in cui viene cucinata. E quindi c’è la zona dell’Astigiano, quella del Monferrato, quella delle Langhe, la Torinese, e quella dell’alto Piemonte. E ci sono anche le sedi all’estero.

Per ogni locale è pubblicata una scheda con il numero di posti messi a disposizione. Il prezzo di riferimento è estremamente popolare: per tutti 25 euro. E ci sarà anche un semaforo a far capire che tipo di bagna cauda si mangerà: luce rossa equivale a una bagna cauda “come Dio comanda”, luce gialla a una bagna cauda “eretica”, ovvero con varianti; luce verde a una bagna cauda “atea” – e si capisce il perché: è senza aglio, cioè senza che il suo sapore fondamentale – ed è anche prevista una bagna cauda delicata che sposa il tartufo.

Dici bagna cauda ma in realtà non parli solo di un piatto della povera tradizione agricola che poteva permettersi solo olio e verdure. È un piatto che ha un valore storico e sociale, un rito antico conviviale che prevede la condivisione del cibo in forma collettiva da parte dei commensali che attingono tutti insieme da un unico recipiente anticamente posto nel centro della tavola in un un tegame di terracotta mantenuto in temperatura mediante uno scaldino di coccio riempito di braci vive, la scionfetta. Antica tradizione voleva che tutti intingessero le verdure e il pane in un unico recipiente. Con le cautele sanitarie in atto e non da oggi, questo è solo un ricordo. Quello che non è un ricordo e che ieri come oggi la bagna cauda si accompagna a una generosa bevuta di vini rossi corposi come Barbera, Nebbiolo Barbaresco o Dolcetto

Per questo suo aspetto popolare e comunitario la bagna cauda e stata a lungo rifiutata dalle classi più ambienti che la consideravano un cibo rozzo e inadatto a un’alimentazione raffinata. Poi c’era il problema della corposa presenza dell’aglio a far desistere gentili donzelle e animosi cavalieri dal suo uso.

Una curiosità: si è detto che ci sono diverse varianti di bagna cauda a seconda delle regioni e dei luoghi in cui si cucina ma c’è anche una ricetta ufficiale, canonica, depositata addirittura presso un notaio a Costigliole d’Asti dalla delegazione di Asti dell’Accademia Italiana Della Cucina che prevede l’utilizzo esclusivo di una testa d’aglio a persona, mezzo bicchiere d’olio d’oliva extravergine a persona, 50 grammi a persona di acciughe rosse di Spagna e un’eventuale pezzetto di burro da aggiungere a fine cottura.

La bagna càuda è molto popolare anche col nome di bañacauda in Argentina, dove giunse negli ultimi anni del XIX secolo con i molti piemontesi emigrati in Sud America. Nella località di Calchin Oeste, in provincia di Córdoba, si svolge la Fiesta Nacional de la Bagna Cauda. E un’altra si celebra da 30 anni a questa parte a Humberto Primo, in provincia di Santa Fe. Ma è molto apprezzata anche in Giappone, presentata a Tokyo a metà degli anni Novanta da un gastronomo braidese nel corso di trasmissioni televisive locali, si è rapidamente diffusa fino a diventare popolarissima in tutto il paese.

Infine, cinque anni fa è stata presentata la proposta di candidare la bagna càuda all’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità; il dossier di candidatura è in corso di preparazione da parte dell’Università degli Studi di scienze gastronomiche di Pollenzo.

* Articolo ripreso da Firstonline, per gentile concessione dell'Editore


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