Storia & storie - 01 novembre 2021, 17:28

Quel Biancheri, grande statista di Ventimiglia

Giuseppe Biancheri (da wikipedia)

Giuseppe Biancheri (da wikipedia)

di Gustavo Mola di Nomaglio*

Giuseppe Biancheri ha avuto nella storia politica dell’Italia contemporanea un posto importante e un ruolo non comune.

I Biancheri, che avevano la propria principale residenza in Ventimiglia, erano un’influente famiglia della borghesia mercantile ed agricola ligure, “in cui circolavano –secondo quanto scrive lo storico Carlo Pinzani- opinioni politiche abbastanza avanzate”. Giuseppe, nato nel 1821 da Andrea e da Caterina Isnardi, ebbe quindi la sua prima formazione in un ambiente familiare nel quale non mancavano gli stimoli culturali e la passione politica. Dopo le scuole primarie, poco incline a condurre studi più impegnativi, frequentò a Monaco un istituto d’indirizzo pratico-commerciale. In seguito, tuttavia s’iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza a Torino, laureandosi in legge nel 1846 e divenendo avvocato. Sette anni dopo, candidatosi nelle elezioni politiche dell’8 dicembre 1853 (per la legislatura V) fu eletto deputato nel collegio di Sanremo. Sarebbe rimasto tale sino alla morte, avvenuta in Torino il 28 ottobre 1908, immancabilmente rieletto, di legislatura in legislatura, sino alla ventiduesima, iniziata alla fine del novembre 1904, della quale non poté vedere la fine.  Non era il primo rappresentante del proprio cognome ad entrare a far parte del parlamento: l’avvocato Fruttuoso Biancheri era già stato eletto prima di lui deputato di Ventimiglia e Alassio per le legislature I, III e IV (quindi tra l’aprile 1848 e il dicembre 1853), mentre un altro Giuseppe, ingegnere, fu eletto deputato di Oneglia nella sola legislatura X (22 marzo 1867-2 novembre 1870). 

Inizialmente Biancheri sedette a fianco dei parlamentari della sinistra moderata, che riconoscevano in Urbano Rattazzi la loro guida. Ciò nondimeno si rivelò spesso ostile nei confronti del ministero Cavour (le cui scelte concrete erano progressivamente sempre più sinistreggianti e gradite al Rattazzi) votando, con piena indipendenza di giudizio, ora contro ora a favore del governo a seconda delle proprie personali convinzioni e valutazioni. Avversò, ad esempio, l’intervento in Crimea ed ostacolò la cessione di Nizza e Savoia alla Francia voluti dal Cavour, ma sostenne, in contrapposizione a parecchi altri deputati liguri, a questo riguardo molto intransigenti, la proposta cavouriana di trasferire il porto militare da Genova alla Spezia.

Col passare degli anni Biancheri si avvicinò marcatamente alla destra dello schieramento parlamentare, non certo per opportunismo, ma condividendone sempre più, in progresso di tempo le scelte e gli orientamenti politici. 

Nel 1864 fu nominato membro della commissione d’inchiesta sulle Ferrovie meridionali, dimostrando competenza, equidistanza dai differenti interessi politici e doti di moderazione che determinarono, in seguito, la sua partecipazione alle principali commissioni d’inchiesta di quegli anni, quali quella sulla marina militare dopo il disastro di Lissa o quella, assai spinosa, riguardante il monopolio dei tabacchi. Nel 1867 fu per alcuni mesi ministro della Marina nel secondo ministero Ricasoli, ma raggiunse un traguardo ancor più significativo tre anni dopo, con l’elezione a Presidente della Camera, grazie non solo al deciso appoggio della destra, ma anche ad un apprezzamento che attraversava integralmente gli schieramenti politici. Quest’apprezzamento si accrebbe negli anni seguenti, consentendogli di essere rieletto nel 1873 addirittura senza che gli venisse contrapposto alcun candidato. 

Restò Presidente della Camera a lungo: pur con qualche periodo d’interruzione fu rieletto numerose volte, l’ultima nel 1906. Fu –e rimane- uno dei pochi uomini politici italiani (consiste soprattutto in questo la sua originalità) capaci di coagulare attorno alla propria candidatura interessi e idee politiche divergenti, cogliendo consensi in modo realmente trasversale in tutti gli schieramenti presenti in parlamento, cosa che anche oggi vorrebbero ottenere, quasi immancabilmente senza riuscirci, molti statisti ed uomini politici italiani. Non erano, d’altronde, interessi privati o di fazione quelli ch’egli perseguiva. In inedite carte conservate nell’Archivio dell’Ordine Mauriziano (del quale fu Primo Segretario) Biancheri dichiara, anzi, e i suoi biografi non possono che confermarlo, che ebbe sempre, quale unico motivo ispiratore il “... sentimento del dovere nel servire la Patria ed il Re”.

Alla sua morte Paolo Boselli scrisse che con lui scompariva “una delle più belle figure di uomo politico e di patriota, uno di quei superstiti del Risorgimento Nazionale, che la tempra straordinaria aveva condotto ad essere tra le nuove generazioni come un libro vivente di memorie, di episodi, di documenti della grande epopea italiana del secolo XIX”.

* Scrittore, vice presidente del Cengtro Studi Piemontesi

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