| 25 ottobre 2021, 20:39

"Torino non è Torino se la sua industria non cresce"

Giorgio Marsiaj

Giorgio Marsiaj

Pubblichiamo la parte finale del discorso di Giorgio Marsiaj all'assemblea generale dell'Unione Industriale di Torino, della quale è presidente


di Giorgio Marsiaj*

L’economia di Torino ha sofferto come e più di altre durante la crisi pandemica. Il sistema torinese si è praticamente fermato, con il blocco di oltre il 45% cento delle attività produttive, impossibilitate a esercitare per alcune settimane l’attività. Nel 2020 le ore totali autorizzate di cassa integrazione sono arrivate complessivamente in Piemonte a 283,602 milioni, contro i 32,464 milioni del 2019.

Permangono nel 2021 le complessità della congiuntura dell’automotive, per i colli di bottiglia indotti dalla “crisi dei chip”, destinata – speriamo - a riassorbirsi nel medio periodo. Non dobbiamo cedere alla tentazione, soprattutto noi torinesi e piemontesi, di attribuire tutti i nostri mali alla pandemia.

Secondo Banca d’Italia la dinamica economica piemontese è deludente da molto prima del Covid. Fatto 100 il Pil del 1995, nel 2019 quello italiano era arrivato a 115, quello lombardo al 125, mentre il Pil del Piemonte raggiungeva il livello appena di 107. Già prima del 2020, infatti, in molti riflettevano costruttivamente sul progressivo declino del sistema torinese. Penso, ad esempio, al rapporto Giorgio Rota su Torino del Centro Einaudi.

La terziarizzazione che ha fatto la fortuna di Milano non ha svolto né un ruolo trainante a Torino, né ha compensato la maturità di alcuni comparti manifatturieri. La ricerca di vocazioni alternative ha, per ora, soddisfatto solo parzialmente i bisogni della crescita, nel tempo inferiore a quella media del Nord Italia. Un dato su tutti: nel 2020 a Torino il reddito per abitante è stato di 22.700 euro. A Milano di 29mila.

Adesso, però, le cose potrebbero cambiare, anzi: devono cambiare, perché ci troviamo in una condizione favorevole. Infatti, ciò che traina l’economia mondiale e il suo cambiamento è l’accelerazione del progresso tecnologico. Un’epoca di cambiamento tecnologico tanto rapido non si era mai verificata. Le economie a vocazione tecnologica come la nostra, se investono, possono agganciare lo sviluppo.

Torino non è una città in cerca di futuro, come si dice. È una città a vocazione tecnologica,e oggi la tecnologia si nutre più di trasversalità, di ibridazioni che di processi e filiere verticali.

Il più grande settore storico di Torino e del Piemonte, quello dell’auto, è soggetto a una trasformazione epocale. E l’auto resta il nostro core business. Non lo dico io, lo dice – senza sottovalutare tutto il resto - la forza di quasi 800 aziende della componentistica e di 70mila occupati. L’auto è una fantastica creatrice di innovazione che poi si diffonde in altri settori.

Dentro un’automobile con i sistemi avanzati di guida, ci sono decine di chip e ci sono più righe di codice di programmazione che nell’intero sistema operativo Linux. Un’automobile connessa, di quelle che useranno il 5g, spinto dal PNRR, ha 100 milioni di righe di codice informatico. Manifattura, silicio e creazione immateriale di codici si sono ibridati. Chi dirige l’orchestra della catena del valore è il cliente finale. Ma le persone e le aziende che si muovono attorno all’auto stanno in tutto il mondo, studiano e sviluppano in tutto il mondo, creano valore in tutto il mondo. Se comprendiamo bene questo, è chiaro che è cambiato il modo di stare dentro una filiera, cogliendo le opportunità dei prossimi anni.

La trasformazione elettrica, la guida autonoma e l’idrogeno muoveranno risorse gigantesche. I primi cinque gruppi mondiali hanno investito in R&D, l'anno scorso, 67 miliardi di dollari. Nei prossimi 5 anni affronteranno complessivamente investimenti legati all’elettrificazione per 228 miliardi di dollari, che sono quanto un intero PNRR, più o meno nello stesso periodo. Il gruppo Stellantis 34 miliardi. E questi saranno tutti investimenti globali.

Le 762 imprese piemontesi della mobilità troveranno i riflessi di queste cifre gigantesche nel loro conto economico, andando nel mondo a cercarli e – ne sono certo - battendo la concorrenza!

Fino ad oggi la particolare propensione alle esportazioni è stata una cartina di tornasole dell’efficienza e competitività torinese. A causa della crisi del Covid, nell’anno 2020 le esportazioni piemontesi si sono contratte del 13%. Nello stesso periodo, il calo del commercio mondiale è stato dell’8,9%. Abbiamo quindi sofferto di più della media, perché la risposta organizzativa alla pandemia è stata fatta bloccando l’industria della mobilità, che pulsa proprio qui. Ma nel 2021 abbiamo rimbalzato forte: +6,4% nel primo trimestre e +30% nei primi sei mesi dell’anno. I dati suggeriscono che abbiamo agganciato la ripresa mondiale a V e che abbiamo la prospettiva di recuperare i livelli della produzione prima del previsto. 

Il messaggio che vorrei lasciare è che lo storico concreto posizionamento di Torino nella tecnologia è adatto al momento e possiamo tornare a crescere in tutti i settori tecnologici e non solo nell’auto. Pensiamo all’aerospazio, alla meccanica strumentale, alla filiera del food, del turismo e della cultura.

Torino deve offrire alle imprese la possibilità di sviluppare il vantaggio competitivo attraverso competenze sempre aggiornate; relazioni internazionali concrete; opzioni di innovazione; logistica, trasporti e collegamenti di primo ordine. E aggiungo: Torino deve essere una comunità dove per le persone sia non solo piacevole vivere, ma dove sia più difficile slittare socialmente indietro.

Purtroppo, la pandemia ha svelato le fragilità di una società i cui meccanismi hanno consentito l’apertura di divisioni tra chi ha un lavoro e chi non ce l’ha. Tra chi ha una casa sicura e chi non può più permettersela. Tra la condizione di chi ha un impiego garantito e chi ha un impiego precario, in particolare tra i giovani. Avere una base economica che funziona bene serve a fronteggiare anche queste grandi questioni sociali.

Ecco l’importanza di padroneggiare le tecnologie trasversali, come l’intelligenza artificiale, possedere le corrette relazioni internazionali, esplorare le frontiere delle biotecnologie o nella robotica medica. Il sociale e l’economico trovano così un punto di incontro.

Insisto sul concetto di inclusione, perché ricucire la società mentre si rilancia l’economia dovrà essere l’obiettivo che lega tutti noi nei prossimi anni. Torino ha una antica tradizione inclusiva e di accoglienza, che continua ancora oggi con una immigrazione importante.

Ne approfitto per ricordare che proprio Torino ospiterà, ed è la prima volta per l’Italia, i Giochi Mondiali Invernali Special Olympics, che consentono a bambini e adulti con disabilità intellettive di allenarsi e gareggiare in una varietà di discipline olimpiche. L’Unione Industriali appoggia questa manifestazione, che invito tutti voi a sostenere.

Nessuno si può tirare indietro. Ognuno deve fare qualcosa di concreto. Sempre come Unione Industriali cerchiamo ad esempio di dare un contributo per rimediare al vuoto nell’apprendimento scolastico da cui ho preso le mosse. Stiamo, infatti, collaborando con associazioni del terzo settore impegnate nei doposcuola per aiutare circa cinquecento ragazzi e ragazze delle scuole medie torinesi, in particolare nei quartieri Barriera di Milano, Aurora e San Salvario, ad avere un supporto quotidiano nello studio. In questa direzione va anche il volontariato educativo che richiediamo ai vincitori delle nostre Borse di Studio in materie scientifiche, che verranno bandite anche per il 2022. Come nella scorsa edizione, i 50 vincitori, a pochi passi dalla laurea magistrale, si metteranno a disposizione delle scuole medie del territorio per offrire corsi di recupero.

Ma non solo. A Torino sta aumentando drammaticamente il numero di persone senza una casa. Perciò, sempre in collaborazione con il terzo settore e con i servizi sociali del Comune, stiamo pensando di intervenire sulla formazione dei volontari che assistono gli adulti senza dimora e per rendere più vivibili le strutture di accoglienza notturna. Anche se i problemi sono enormi, non dobbiamo rassegnarci. Noi non ci rassegniamo, e considero l’impegno sociale una delle missioni della nostra Unione.

Oltre a una favorevole cultura politica, imprenditoriale, sociale abbiamo ora il PNRR, che fornisce molte risorse per costruire una transizione tecnologica, ambientale, digitale che rappresenti un vero progresso per più persone possibile. Ma il PNRR è un piano e un piano non basta. Occorre agire, applicarlo in concreto. Ci sono importanti investimenti da fare per i quali la collaborazione con il decisore pubblico è fondamentale, a cominciare dal recupero dei siti industriali orfani o dalle piattaforme per l’innovazione tecnologica. 

Per quanto riguarda la concreta ricaduta sul nostro territorio delle riforme, abbiamo già individuato, al tavolo del ministro Giorgetti, insieme a Regione ed Enti locali, le priorità, che sono 4: mobilità sostenibile, aerospazio, intelligenza artificiale, promozione del ricorso all’idrogeno. Vogliamo insomma concorrere alle voci del PNRR che migliorano i fattori locali di competitività tecnologica e di accrescimento del capitale umano. Ma non basta. Chiediamo di decidere su un modello organizzativo efficiente, con una rilanciata finanziaria regionale proattiva, capace di declinare su questo territorio anche gli investimenti del PNRR in ambito ambientale, salute e cultura. Si combattono solo così la disoccupazione giovanile e le differenze di genere. Perché – lo ripeto - c’è vero progresso solo se tecnologia ed economia sono gli strumenti per ottenere una comunità socialmente e umanamente più forte.

Investire, nei prossimi anni, sarà una grande sfida, utile alla società e vantaggioso per i nostri soci e azionisti. Nell’anno e mezzo della pandemia, i depositi bancari sono passati da 126 a 139 miliardi in Piemonte e a Torino da 68 a 75 miliardi. In appena 18 mesi la virtù del risparmio ha permesso di accantonare più o meno un altro PNRR e un altro Piano Regionale. Sono risorse preziose in un momento ideale per investire, dato il ventaglio formidabile dei cambiamenti in cui inserirsi. 

I tassi di interesse sui prestiti, grazie alla Bce, sono oggi all’1,2%. Nel 2012 durante la crisi dei debiti sovrani erano al 4%. Il territorio ha le risorse da investire con condizioni del mercato finanziario che non si erano mai verificate. Il nostro impegno sarà farne il migliore uso possibile per assicurare un futuro alle nostre aziende e generare occupazione. Quella di investire è una responsabilità che sentiamo, ma non è solo nostra. La condividiamo con il settore bancario e finanziario, che esortiamo ad accompagnarci con convinzione e senza timidezze. E la condividiamo con il settore pubblico. 

Il rilancio del territorio passerà certamente dalla ripresa di un ciclo degli investimenti pubblici, che dovranno essere favoriti anche da una minore complessità amministrativa. Le partecipazioni tra pubblico e privato sono ancora scarse. Si discute da decenni della loro utilità, ma mi sento di dire che non solo sono utili, ma necessari.

La responsabilità di un ambiente più favorevole agli investimenti, privati e pubblici, non è solo fatta da regole semplificate e agevolazioni finanziarie. È anche dall’azione tecnica delle amministrazioni. Una volta riformate le regole e ordinati gli investimenti, si avviano processi amministrativi che sono nelle mani di manager pubblici. Sappiamo che è in corso una riforma, che renderà più semplici i concorsi per eliminare i vuoti nelle funzioni tecniche. Questo porterà più giovani nella pubblica amministrazione, dotati di energie fresche e di competenze aggiornate. 

La formazione continua nutre, infatti, l’innovazione continua quale necessità di tutte le organizzazioni, private e pubbliche, senza differenza. Chiediamoci come faremo ad affrontare la transizione digitale e la transizione green, se non rinnoveremo le competenze delle persone, nel privato come nel pubblico. Dobbiamo fare di più, da subito. Così da subito siamo disponibili a un confronto su questo, anche con gli organismi pubblici e gli altri corpi intermedi.

Presto a Torino inizierà l’attività della nuova amministrazione. Vorrei segnalare tre priorità: a) più attenzione alle periferie, non in chiave di assistenza, ma per portarvi sviluppo; l’astensione dal voto è stato un segnale da cogliere e da risolvere; b) accendere un faro sulle infrastrutture economiche, materiali e immateriali, di trasporto e non, digitali e della conoscenza, che ci sono o che mancano. Senza di esse la pianta dello sviluppo non potrà prosperare; c) e poi, una questione di metodo: la rinascita di Torino ha bisogno del sostegno di tutti. Facciamo crescere Torino insieme. Non sottovalutiamo il valore della collaborazione tra le istituzioni e il territorio. Siamo tutti interessati a centrare lo stesso obiettivo. L’Unione Industriali è pronta a fare la sua parte!

I nostri padri sono stati generosi con noi. Ci hanno dato una comunità dotata di un carattere tenace, derivante dall’asprezza della vita ai piedi dei monti. Ho ispirato fin dal primo momento la mia presidenza a tre valori complementari: “crescita, sostenibilità, inclusione”. Si tratta di due valori morali, di metodo e di approccio culturale, insieme a una assoluta priorità materiale: la crescita.

Li voglio ribadire qui come sintesi di questa mia prima relazione all’assemblea degli associati. La crescita per noi è anche un dovere. Torino non è Torino se non cresce. E Torino non è Torino se non cresce il ruolo della sua industria. I soldi del PNRR non sono tutto ma serviranno anche a noi. Torino è per definizione e per storia un moltiplicatore di occasioni, quando ha un buon progetto. Gli strumenti disponibili, a cominciare dal Competence Center, ne sono parte indispensabile.

Abbiamo l’ambizione di vedere Torino come punto di incontro dell’innovazione a livello europeo. La collaborazione tra pubblico e privato è in questo senso centrale: lo diciamo tendendo una mano ai rettori degli Atenei torinesi, al nuovo sindaco Lo Russo, al governatore Cirio, al Governo.

Il titolo di questa assemblea è “Fabbricare il futuro”: è stata una concessione alla mia personale passione per la fabbrica, il luogo simbolo in cui tutto si crea e si costruisce. Anche il futuro si costruisce in fabbrica. E nella scuola, che ne è la premessa.

Parafrasando un’affermazione di altri tempi, posso ripetere con convinzione che oggi più di ieri tutto ciò che fa bene a Torino, fa bene all’Italia.

* Presidente Unione Industriali di Torino



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