Notizie | 04 ottobre 2021, 19:09

Lavoro, la mappa aggiornata delle retribuzioni

Quanto vengono pagati gli operai, i quadri, i dirigenti, i neolaureati - Chi ha competense digitali guadagna di più - Le differenze di genere

Lavoro, la mappa aggiornata delle retribuzioni

L’Indagine retributiva dell’Unione Industriali Torino, alla sua undicesima edizione, è frutto di una collaborazione tra dodici associazioni territoriali del Nord aderenti a Confindustria. L’interesse delle aziende per l’iniziativa è dimostrato dai numeri in crescita: nel 2021 sono state coinvolte complessivamente circa 800 imprese, che hanno messo a disposizione informazioni relative a 60.000 dipendenti. Le aziende torinesi coinvolte sono 340 e hanno fornito i dati di 11.000 lavoratori.

Dalla ricerca emerge che nel 2021 i salari sono cresciuti mediamente dell’1,8%. I criteri che influenzano lo stipendio sono molti, alcuni legati alle performace individuali e di team, altri all’efficienza e alla produttività, senza dimenticare indici di redditività aziendale e qualità.

La retribuzione media registrata per gli operai quest’anno si attesta attorno ai 27.500 euro/anno, con differenze che riguardano il settore di riferimento, ma soprattutto il livello di specializzazione dei lavoratori. Se da un lato, infatti, gli operai generici si posizionano intorno ai 24.000 euro/anno, quelli altamente specializzati e polivalenti superano i 30.000 euro/anno.

Gli impiegati mostrano una retribuzione media di 38.400 euro/anno, i quadri superano i 69.000 euro/anno, i dirigenti arrivano a 129.000 euro/anno.

La tipologia di azienda è un altro fattore di differenziazione: per tutte le categorie le imprese multinazionali, indipendentemente dalle dimensioni, e il settore industria pagano circa il 10% in più

Si confermano anche le differenze di genere, che dipendono molto dalle singole aree aziendali e riservano alcune sorprese. Ad esempio, nel marketing e nelle risorse umane il divario è a favore delle donne che guadagnano di più dei colleghi uomini. In altre aree. invece, come la produzione, il gap a favore degli uomini è intorno al 10%. Le cose stanno però cambiando, in particolare tra i lavoratori con competenze digitali, dove si rileva una maggiore concentrazione di donne rispetto alle figure tradizionali.

Nel complesso, i lavoratori con competenze digitali fruiscono di stipendi superiori rispetto agli altri in media del 2%, con punte del 6-7% per alcune figure. Se però si osservano i giovani under 35, per i quali l’effetto dell’anzianità professionale è trascurabile mentre il possesso delle competenze digitali è distintivo, il differenziale cresce. Mediamente un giovane 4.0 guadagna 32.000 euro/anno contro i 30.000 di un pari età analogico. Il differenziale così osservato, del 7% circa, rappresenta pertanto il valore di mercato delle competenze digitali.

Focalizzando l’attenzione sui neolaureati, invece, la retribuzione di ingresso si colloca tra i 23.500 euro/anno e i 25.500 euro/anno, con differenze tra chi possiede una laurea triennale e chi una magistrale. Determinanti sono la dimensione aziendale e l’indirizzo di studio, con i laureati magistrali in materie tecnico-scientifiche che nelle aziende più grandi godono di salari di ingresso superiori ai 2.000 euro/mese. È importante considerare che nelle nuove generazioni, lo stipendio non è l’unico elemento di valutazione nella scelta lavorativa. Pesano molto anche altri fattori quali le prospettive di carriera, la presenza di un sistema di welfare aziendale, l’ambiente di lavoro e la sua organizzazione, ad esempio la presenza o meno dello smart working.

Le aziende pongono molta attenzione su questi ultimi aspetti, come testimoniano le politiche gestionali messe in atto nel 2021. Oltre il 71% delle imprese, infatti, adotta sistemi di incentivazione legati a parametri individuali e/o collettivi che permettono ai lavoratori di ottenere miglioramenti economici rilevanti. In tal senso, il welfare aziendale è uno strumento sempre più diffuso. Quest’anno, lo studio ha esaminato le modalità di inserimento negli accordi aziendali del welfare. Una di queste prevede la possibilità di convertire in tutto o in parte il premio di risultato in benefit. La convertibilità è un fenomeno in crescita, soprattutto nelle aziende più strutturate e viene scelta dal 30% dei dipendenti. Molto spesso, per incentivare i lavoratori alla trasformazione è prevista una maggiorazione del valore del premio, mediamente pari al 20%. La quota di premio convertita sfiora il 45% del suo intero valore e i lavoratori hanno circa 11 mesi di tempo per utilizzare il credito generato. Decorso tale termine sono previste clausole di salvaguardia di vario genere per il credito residuo o più semplicemente l’automatismo del versamento al fondo di previdenza complementare.

Lo smart working è un altro strumento in crescita. Aldilà dell’attuale emergenza, poco più del 30% degli addetti esaminati dall’indagine ha la possibilità di svolgere la propria attività da remoto. Ovviamente, tale opzione è fortemente correlata alla tipologia di lavoro svolto. Se nella logistica e in produzione è raro trovare lavoratori “agili”, nel marketing e nei sistemi informativi la diffusione è superiore all’80%. Il data scientist, ad esempio, lavora in smart nel 97% dei casi osservati e in prevalenza per più del 50% del tempo di lavoro.


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