| 05 giugno 2021, 09:00

Alla riscoperta dei Fratelli de Rege e della loro famiglia

I fratelli de Rege (da Wikipedia)

I fratelli de Rege (da Wikipedia)

di Gustavo Mola di Nomaglio*

I de Rege, originari di Tronzano e partecipanti nel primo ‘500 nel singolare consortile nobiliare di Vintebbio, sono ben noti nelle storie del Piemonte, in particolare del Vercellese e del Biellese. Le vicende dei due principali rami in cui si divise la casata, quello dei conti di Gifflenga e quello dei conti di Donato (a loro volta distinti in diverse linee), sono ritmate dal susseguirsi di personalità di spicco: magistrati, soldati valorosi, diplomatici, benefattori e uomini di religione. Nella prima metà del ‘900, il nome della famiglia godette anche di una celebrità tutta speciale, conquistata non al servizio dello Stato o della Chiesa, ma grazie all’arte del duo comico (tra i più famosi e geniali di tutti i tempi nella storia dello spettacolo) formato da Guido e Giorgio de Rege. Gli storici del teatro, nel tracciare cenni biografici e artistici dei “Fratelli de Rege”, sottolineandone la fisionomia aristocratica, accennano, perlopiù in modo vago e sfumato, alle loro origini nobili. I de Rege stessi al riguardo erano estremamente riservati e facevano di tutto per nascondere la loro appartenenza a una famiglia importante; anche quando erano ormai celeberrimi in Italia della loro vita privata, quasi circondata da un alone di mistero, si sapeva pochissimo. Ma la loro nobiltà non era certo quella, storicamente claudicante e confusa, di Totò. Guido e Giorgio erano figli di Alessandro de Rege dei conti di Donato e dei signori di San Raffaele (nato a Torino nel 1864) e di Giuseppina Pantaleone, maceratese (conosciuta probabilmente da Alessandro durante le lunghe assenze dal Piemonte dovute alla sua professione di ufficiale). Entrambi nacquero a Casagiove (rispettivamente 25 gennaio 1891 e 19 agosto 1894), mentre il padre era di stanza presso la reggia di Caserta. Il primo ad affacciarsi sul mondo dello spettacolo fu Guido, nel 1925, come generico nella compagnia di rivista dell’impresa Fiandra. Cinque anni più tardi, dopo aver lavorato in diverse compagnie, egli divenne comico assoluto della “Pocker d’assi” nella quale lo raggiunse anche Giorgio – praticamente fuggendo da una promettente carriera in diplomazia - per fare l’attrezzista e qualche particina. Si vuole che un giorno l’improvvisa malattia di un comico abbia costretto Giorgio a sostituirlo in scena, suo malgrado, del tutto impreparato. Il fratello, restando dietro le quinte, doveva tentare di fargli da suggeritore, ma i due non riuscivano ad intendersi e Giorgio, palesemente imbarazzato, balbettò parole storpiate e frasi sconclusionate e senza senso. Il pubblico dava segno di apprezzare molto e i due, stando al gioco, diedero vita ad una pièce esilarante. Il duo dei Fratelli de Rege era nato. Guido, soprannominato Bebè, si trasformò nella spalla di Giorgio, detto Ciccio; il successo fu immediato. Bebè entrava in scena elegantissimo, fare sicuro, parlantina incontenibile. Ciccio era tutto il contrario: apparentemente incerto, insaccato in un vestito due taglie più della sua, enorme naso finto, baffoni spioventi, eloquio balbettante, completamente ebete. Dopo l’immancabile invito, passato alla storia, “vieni avanti cretino” rivolto da Bebè a Ciccio, il ritmo degli sketch, all’insegna di una comicità del non senso raffinata e travolgente era, a dir poco, incalzante. Bebè, esasperato dall’idiozia di Ciccio, lo sommergeva di insulti, intimidazioni, domande a cui giungevano immancabilmente risposte demenziali e paradossali che scatenavano l’ilarità del pubblico. Sulla scia del successo, i due fratelli costituirono, con altri professionisti di grido, una compagnia autonoma, in cui mossero i primi passi attori ed attrici destinati a divenire famosi, come Anna Magnani, che debuttò nella rivista “I Milioni” nella stagione 1934-35, restando al fianco dei de Rege anche l’anno seguente, recitando in “Non so se rendo l’idea”. I de Rege furono anche attori cinematografici. La critica li considera (nonostante le origini piemontesi) “una delle coppie più spassose del cinema napoletano”. Tra i film a cui parteciparono insieme (recitando, tra gli altri, con Eduardo e Peppino De Filippo) possono essere ricordati “Milizia territoriale”, del 1935, “Allegri masnadieri” e “Lasciate ogni speranza”, del 1937, “L’Allegro cantante” (1938). In altri film partecipò solo uno dei due, come accadde in “Non ti pago” e “Casanova farebbe così”, entrambi del 1942. Inseparabili anche nella vita privata, continuarono a dividere lo stesso tetto anche dopo il matrimonio di Guido, la convivenza del quale con la moglie, peraltro, fu discontinua. Guido non vide la fine della guerra: morì a Milano il 10 febbraio 1945. La morte raggiunse Giorgio il 25 maggio 1948, a Torino, in scena, mentre recitava nel teatro Repòsi.

* Scrittore, archivista, vice presidente del Centro Studi Piemontesi

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