di Gustavo Mola di Nomaglio*
Nonostante la fama di essere una regione dotata di debole vocazione turistica, il Piemonte è stato, nel corso dei secoli, una delle mete privilegiate dei viaggiatori europei. In passato sono stati pubblicati numerosi saggi e volumi che hanno rivelato come il Piemonte sia stato, se non la destinazione in assoluto preferita dai viaggiatori sette-ottocenteschi, sicuramente una delle mete preferenziali degli stranieri. Il fenomeno del “viaggio in Italia” e del “grand tour” è stato oggetto di studi approfonditi, anche grazie all’impulso dato dal “Centro interuniversitario di Ricerche sul Viaggio in Italia” di Moncalieri.
Nel 1991 il volume “Il Piemonte dei grandi viaggiatori”, curato da Franco Paloscia, ha dimostrato, senza lasciare spazio a dubbi, che la stessa Torino - in un passato non lontano poco interessata ai flussi turistici - fu, in tempi anteriori, un punto di riferimento per gli stranieri in viaggio in Italia. Spesso le visite in città non erano né brevi né distratte. Molti personaggi famosi lo attestano con le osservazioni e considerazioni contenute nelle loro memorie, relazioni di viaggio, epistolari.
Mentre Torino rispolvera, non senza risultati, la propria vocazione turistica, così ben documentata con riferimento a tempi relativamente remoti, dimostrandosi finalmente disponibile a mettere in luce le proprie ricchezze (culturali, ambientali, paesaggistiche, culinarie...) varie zone piemontesi suscitano nel turismo straniero non minore interesse. Alcune di queste si può dire che stiano sviluppando solo da pochi anni un’inclinazione per il turismo; altre, la cui vocazione ha radici plurisecolari, non solo non conoscono momenti di “stanchezza”, ma fanno registrare un’attenzione e flussi turistici elevati. Si trovano in questa situazione privilegiata, ad esempio, i laghi d’Orta e Maggiore in primo luogo (“i più belli d’Italia”): qui in un lungo arco di tempo si sono evolute strutture alberghiere di alto livello e un’edilizia residenziale che ha dato vita a numerose ville e giardini spettacolari.
Il lago Maggiore deve, certamente, il proprio successo a un paesaggio di ricchezza non comune, a panorami affascinanti, a una vegetazione lussureggiante. Tuttavia le sue attrattive turistiche sono, da sempre, legate al nome dei Borromeo, la grande famiglia che, dopo avere plasmato l’immagine di alcuni tra gli angoli più belli del lago, ha contribuito direttamente a farli conoscere, aprendo le porte delle proprie residenze nel golfo Borromeo e lungo la costa non solo a ospiti famosi ma anche, precocemente, a semplici viaggiatori di passaggio.
Celebri sono l’Isola Madre (dove sorge un palazzo poi trasformato in museo ricco di raccolte suggestive) e l’Isola dei Pescatori. Ma ancor più famosa è l’Isola Bella (così denominata da Carlo Borromeo in onore della moglie Isabella d’Adda e, perciò, predestinata a divenire, anche di fatto, la più fascinosa delle isole Borromee) simile a un galeone turrito, sul cassero del quale si adagia un giardino botanico la cui ricchezza fu proverbiale. Un insieme capace di impressionare anche i viaggiatori più esigenti e disincantati.
La prima visita documentata all’Isola Bella risale al 1639, ma – scrive Francesco di Pamparato nel volume “Famiglie nobili e borghesi” – a partire dal 1654 il flusso di “alti dignitari di vari Stati, principi e sovrani di varie dinastie, generali e notabili di mezza Europa” (e si può dire anche d’artisti, poeti, letterati, musicisti) divenne continuo. Anche oggi, di fronte a flussi turistici che si possono definire “di massa”, le isole Borromee restano, probabilmente, il richiamo che, più d’ogni altro, trascina di anno in anno un gran numero di viaggiatori lungo le coste del lago Maggiore.
* Scrittore, vice presidente del Centro Studi Piemontesi