Il
rapporto mostra come l’agglomerazione e la concentrazione,
geografica e occupazionale, abbiano un ruolo centrale
nell’influenzare le traiettorie di integrazione dei migranti
nell’Ue. La probabilità di essere occupati degli immigrati è, in
media, non troppo inferiore rispetto a quella dei nativi, anche
grazie alla loro maggiore concentrazione nelle regioni economicamente
più dinamiche di ciascun Paese. Tuttavia, gli immigrati tendono ad
avere salari significativamente inferiori a quelli dei nativi, in
gran parte a causa di una maggiore concentrazione in occupazioni poco
qualificate.
Nell’Unione
Europea, più di una persona su dieci è un immigrato. Questo
rapporto aumenta al 12% nei Paesi Ue15, dove vive la maggior parte
dei migranti. Il numero di stranieri nell’Ue è cresciuto di circa
cinque milioni tra il 2015 e il 2018 e di circa un milione
nell’ultimo anno. Tuttavia, quattro migranti su cinque sono nel
loro Paese di residenza attuale da più di cinque anni.
Oltre
la metà degli immigrati che vivono nella Ue sono europei, comunitari
o extra-comunitari. Quasi un terzo ha un’istruzione universitaria,
un terzo un’istruzione secondaria di secondo grado e il rimanente
terzo ha completato al massimo una scuola secondaria di primo grado.
I livelli di istruzione variano sensibilmente tra Paesi di
destinazione, riflettendo significativamente quelli dei nativi: Paesi
con percentuali più alte di nativi con istruzione universitaria
hanno anche percentuali più alte di immigrati laureati.
Per
esempio, in Italia il 14% dei migranti e il 20% dei nativi hanno
un’istruzione universitaria, mentre in Irlanda le percentuali
salgono rispettivamente al 56% e 44%.
Gli
immigrati hanno meno probabilità di essere occupati dei nativi,
soprattutto nei Paesi dell’Europa del Nord e dell'Europa centrale.
La Gran Bretagna, l’Italia, l’Irlanda e il Portogallo, dove la
probabilità di occupazione degli stranieri è più simile a quella
dei nativi, sono tra i Paesi con il minore differenziale nella
probabilità di occupazione tra immigrati e nativi. Gli immigrati Ue
hanno la stessa probabilità di impiego dei nativi, mentre per quelli
provenienti da paesi extra-Ue la probabilità è di 12 punti
percentuali inferiore. La
probabilità di impiego è più alta per gli immigrati che hanno
passato più tempo nel loro Paese di residenza.
Gli
stranieri hanno probabilità sensibilmente più alte dei nativi di
lavorare in occupazioni a basso reddito e status, e sono invece sotto
rappresentati nella fascia media della distribuzione.
Gli
immigrati non sono distribuiti uniformemente tra le regioni di
ciascun Paese. In media, il 19% degli stranieri dovrebbe cambiare la
sua regione di residenza all’interno del Paese in cui risiede
affinché la distribuzione regionale diventi uniforme. La
distribuzione degli immigrati tra regioni è cambiata negli ultimi 10
anni ed è correlata con indici di successo del mercato del lavoro e
di crescita a livello regionale.
Circa
il 12% dei migranti nati al di fuori dell’Ue che hanno raggiunto un
Paese comunitario negli scorsi anni viveva all’interno dell’Unione
Europea già prima di questa ultima migrazione. Le
migrazioni in fasi successive (transit migration) sono diffuse
soprattutto nei paesi dell’Europa del Nord e dell'Europa centrale.
In Francia, Gran Bretagna e Svezia rispettivamente il 13, 15 e il 18%
dei migranti extra-comunitari che, in ciascun anno. scelgono quel
Paese come loro residenza provengono da altri paesi Ue. La quota
corrispondente è del 3% e del 6% in Italia e in Spagna.