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Giuseppe Conte, premier italiano |
Commenta Paolo Zabeo, il coordinatore
dell’Uffici studi della Cgia, l'associazione degli artigiani e
delle piccole imprese di Mestre: “Premesso che i dati sono desunti
da fonti diverse, quindi non comparabili da un punto di vista
strettamente scientifico, è comunque verosimile ritenere che sulle
piccole imprese il carico fiscale sia quasi doppio rispetto a quello
che grava sui giganti tecnologici presenti in Italia. Un’ingiustizia
che grida vendetta, non tanto perché su questi ultimi grava un peso
fiscale relativamente contenuto, ma per il fatto che sulle nostre pmi
il peso delle tasse e dei contributi è tra i più elevati d’Europa”.
Tra i Paesi dell’Area dell’euro,
infatti, i dati della Banca Mondiale ci dicono che solo la Francia
(con il 60,7%) registra una pressione fiscale sui profitti delle
imprese superiore alla nostra, contro una media del 42,8% dei 19
Paesi che utilizzano la moneta unica. Un dato, quest’ultimo, di
oltre 16 punti percentuali inferiore al dato medio italiano.
“Se con la manovra approvata la
settimana scorsa abbiamo evitato l’aumento dell’Iva – dichiara
il Segretario Cgia, Renato Mason – entro la fine di quest’anno il
Governo dovrà trovare altri 20 miliardi di euro per scongiurare che
dal 1° gennaio 2021 si registri un ritocco all’insù sia dell’Iva
che delle accise sui carburanti. In altre parole, anche la prossima
finanziaria è in buona parte già vincolata da questo impegno così
importante e, pertanto, sarà molto difficile recuperare altre
risorse per ridurre in misura altrettanto significativa le tasse su
famiglie e imprese”.
All’orizzonte, quindi, pare
estremamente difficile ipotizzare una riforma che tagli pesantemente
il carico fiscale, in particolar modo alle imprese. Un’operazione
che sarebbe gradita ai più, soprattutto a quegli imprenditori che
esportano i propri manufatti in giro per il mondo e ogni giorno sono
chiamati a misurarsi con concorrenti stranieri che possono
beneficiare di livelli di tassazione e di oppressione burocratica
sensibilmente inferiori ai nostri.
Tornando alla comparazione iniziale,
quali sono le ragioni per cui le controllate italiane delle
principali multinazionali del web possono beneficiare di un tax rate
del 33,1%? Per il semplice motivo che la metà dell’utile ante
imposte è tassato in Paesi a fiscalità agevolata, che procura un
risparmio fiscale che, nel periodo 2014-2018, ha sfiorato
complessivamente i 50 miliardi di euro.
Tuttavia, non sono solo i giganti
stranieri del web a sfruttare la fiscalità di vantaggio concessa da
molti Paesi. Anche i grandi player italiani, da anni hanno trasferito
la sede legale principale, o di una consociata, all’estero. Stiamo
parlando, per esempio, di Fca, Eni, Enel, Ferrero, Telecom, Saipem,
Luxottica Group. Molte holding di italiani hanno deciso di spostarsi
nei Paesi Bassi, ad esempio, perché in questo Paese è possibile
beneficiare sia di una legislazione societaria molto favorevole - che
permette agli azionisti storici di avere il doppio dei voti in
assemblea, modalità che consente di difendersi meglio da eventuali
scalate - sia dal trattamento tributario molto generoso che il
governo olandese riserva a ogni big company disposta ad aprire la
sede fiscale ad Amsterdam. Con queste operazioni, formalmente
ineccepibili da un punto di vista fiscale-societario, si è però
ridotta la base imponibile di coloro che pagano le tasse in Italia,
penalizzando in particolar modo le realtà imprenditoriali di piccola
dimensione che, a differenza delle grandi aziende, non hanno la
possibilità di lasciare armi e bagagli e trasferirsi altrove.
Oltre ad avere la pressione fiscale
sulle imprese tra le più elevate d’Europa, l’Italia è il Paese,
con il Portogallo, dove pagare le tasse è più difficile. Sempre dai
dati presentati recentemente dalla Banca Mondiale (Doing Business
2020), da noi sono necessari 30 giorni all’anno (pari a 238 ore)
per raccogliere tutte le informazioni necessarie per calcolare le
imposte dovute; per completare tutte le dichiarazioni dei redditi e
per presentarle all’Amministrazione finanziaria; per effettuare il
pagamento on line o presso le autorità preposte.
In Francia, l’unico Paese Ue con un
carico fiscale sulle imprese superiore al nostro, per espletare le
incombenze burocratiche derivanti dal pagamento delle tasse sono
necessari solo 17 giorni, mentre la media dell’Area dell’euro è
di 18 giorni. Anche in questa comparazione, i dati sono della Banca
Mondiale, che per ciascun Paese prende in esame una media impresa
(società a responsabilità limitata), al secondo anno di vita e con
circa 60 addetti.