Carlo
Musilli ha riferito che, secondo
l'ultimo Rapporto
di Bankitalia sulla stabilità finanziaria,
alla fine del terzo trimestre di quest'anno, le compagnie di
assicurazione attive nel nostro Paese (comprese quelle straniere)
avevano in pancia titoli pubblici per 414 miliardi, di cui 350 in
obbligazioni italiane. Invece, il capitale degli istituti di credito
investito in Bot, Btp, Cct e Ctz, si fermava a quota 334 miliardi.
Il
sorpasso è frutto di una dinamica inversa degli investimenti. “Nei
primi nove mesi dell’anno – scritto la Banca d’Italia – il
valore dei titoli pubblici detenuti dalle compagnie è aumentato da
360 a 414 miliardi di euro, a causa sia dell’acquisto di nuovi
titoli sia della rivalutazione di quelli in portafoglio. Alla fine di
settembre i titoli pubblici, in prevalenza italiani, rappresentavano
il 52% del totale degli investimenti con rischio a carico delle
compagnie, un livello ampiamente superiore alla media europea”.
Strategia
opposta per le banche, che “in seguito al rientro delle tensioni
sui mercati – si legge ancora nel Rapporto di Bankitalia – hanno
ripreso a vendere titoli pubblici italiani in portafoglio: tra maggio
e settembre le cessioni nette sono state pari a 20 miliardi (di cui
16 da parte delle banche significative); per effetto
dell’apprezzamento dei corsi, il valore delle consistenze è sceso
soltanto di 5 miliardi, a 334 miliardi (il 9,7% del totale delle
attività, dal 10,1% di aprile)”.
Intanto,
va registrato che il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha
lanciato una proposta inedita. Nell’audizione
del 4 dicembre, davanti alle commissioni Bilancio e Politiche Ue
della Camera,
il numero uno di Via Nazionale ha detto che – nella trattativa
europea per il completamento dell’unione bancaria – l’Italia
potrebbe consentire l’introduzione di limiti al valore dei titoli
pubblici nei portafogli delle banche, purché le soglie non siano
differenziate fra i debitori sovrani e sia prevista comunque una
franchigia iniziale abbastanza alta. Si tratta di una richiesta
storica dei Paesi del Nord, capitanati dalla Germania.
In
cambio di questa concessione, secondo Visco, l’Italia potrebbe
chiedere l’istituzione di un fondo europeo che emetta Eurobond e
riduca così il rischio di liquidità per gli Stati ad alto debito.
In
questo modo, la condivisione dei rischi all’interno dell’Eurozona
andrebbe addirittura oltre la garanzia comune sui depositi, ultimo
pilastro dell’unione bancaria ancora da attuare.
Oggi
le banche possono considerare i bond pubblici come privi di rischio,
di conseguenza non devono accantonare riserve di capitale per
tutelarsi da eventuali svalutazioni. Olaf Scholz, vice cancelliere
della Germania e suo ministro delle Finanze, sostiene invece che
anche i titoli pubblici debbano essere valutati sotto il profilo del
rischio, prendendo come riferimento i rating sui debiti pubblici. Un
cambiamento del genere sarebbe particolarmente dannoso per il nostro
Paese, che ha un rating sovrano più basso della Germania e una quota
di titoli di Stato in pancia alle banche nettamente superiore.
Non
a caso, la proposta del vicecancelliere tedesco è stata subito
respinta dal ministro dell’Economia italiano, Roberto Gualtieri.
Sulla stessa linea il governatore Visco, che nella stessa audizione
del 4 dicembre si è detto “contrarissimo a dare una ponderazione
positiva, perché qui davvero si mette in dubbio il rischio-Paese”.