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Dario Gallina (al centro) con Fabio Ravanelli (a destra) e Giuseppe Gherzi (a sonistra) |
Le
indicazioni delle imprese piemontesi sono pienamente in linea con la
fase di stagnazione descritta dai più recenti dati sull’economia
italiana: Pil , produzione industriale, costruzioni, consumi. Le
previsioni sull’export sono improntate a una sostanziale stabilità.
Peggiora ulteriormente la redditività. Sostanzialmente stazionari i
livelli occupazionali; è tuttavia significativo che, dopo quasi
cinque anni, l’indicatore ritorni, sia pure di poco, al di sotto
del punto di equilibrio. In coerenza con l’indebolimento delle
proiezioni sull’occupazione, sale leggermente il ricorso alla Cig:
certamente, l’indicatore rimane lontano dai livelli toccati durante
le fasi di crisi, ma negli ultimi 12 mesi è raddoppiata la
percentuale di aziende che prevedono di fare ricorso a questo
strumento.
Relativamente
confortante è la tenuta di tre indicatori a consuntivo. Il tasso di
utilizzo degli impianti rimane attestato su livelli elevati, prossimi
al pieno utilizzo. La quota di imprese con significativi programmi di
investimento, pur non elevata in prospettiva storica, non diminuisce
in misura rilevante, come era accaduto in precedenti fasi recessive.
Infine, rimane contenuta la quota di imprese che segnalano ritardi
nei pagamenti.
A
livello settoriale
soffrono
in particolare tessile, automotive,
metallurgia ed edilizia col suo indotto. Attese negative anche nella
gomma-plastica. Peggiorano in misura sensibile le attese del comparto
metalmeccanico. Desta preoccupazione il forte deterioramento del
clima di fiducia della meccanica strumentale: un settore che .a
settembre, aveva invece espresso attese di crescita di produzione e
ordini. Tra i settori anticiclici, reggono chimica e manifatture
varie: il clima è tuttavia assai più cauto rispetto a settembre,
con indicatori non lontani dal punto di equilibrio. Bene
l’alimentare, tenendo conto delle stagionalità negative
solitamente associate al primo trimestre. Qualche segnale di
stabilizzazione dal cartario-grafico, uno dei comparti più colpiti
dalla crisi.
Non
si chiude la forbice tra piccole e grandi imprese.
Le
piccole imprese (meno di 50 addetti) esprimono valutazioni
decisamente sfavorevoli, con saldi in marcato peggioramento rispetto
allo scorso trimestre. Più equilibrate le previsioni delle imprese
di maggiori dimensioni (oltre 50 addetti).
A
livello territoriale, il clima di fiducia peggiora in misura molto
sensibile a Vercelli, Asti, Cuneo e nel Canavese. Resta molto
problematico il quadro di Biella. Ad Alessandria e Novara le attese
rimangono favorevoli, anche se con toni più prudenti rispetto a
settembre. A Verbania prevalgono come nei mesi scorsi previsioni
sfavorevoli, ma il pessimismo si attenua.
Nel
torinese
la
rilevazione di dicembre non mette in luce discontinuità di rilievo
rispetto alla rilevazione precedente. Mentre a settembre Torino era
tra le aree più colpite dal rallentamento, oggi gli indicatori
piemontesi e torinesi sono quasi sovrapponibili per effetto del
peggioramento osservato a livello regionale. Nel settore
manifatturiero, le attese delle aziende torinesi rimangono negative,
con indicatori del tutto allineati a quelli di tre mesi fa. Stabile
il tasso di utilizzo degli impianti. Stabili anche i livelli
occupazionali, ma il ricorso alla Cig aumenta di tre punti
percentuali. Peggiora in misura sensibile la redditività. Nel
comparto dei servizi, anche nell’area torinese prevalgono
previsioni favorevoli su produzione e ordini.
Nel
terziario,
il
quadro delineato dall'indagine è decisamente diverso. Come negli
scorsi trimestri, la maggioranza delle imprese si attende per i
prossimi mesi una ulteriore crescita di produzione e nuovi
ordinativi. Il tasso di utilizzo delle risorse aziendali è superiore
all’80%. Si rafforza la redditività. Restano espansive le attese
occupazionali, mentre l’utilizzo degli ammortizzatori sociali è
praticamente nullo. In lieve accelerazione gli investimenti.
Tra
manifattura e servizi si accentua dunque un’asimmetria piuttosto
anomala che, peraltro, ha molti esempi analoghi in altri Paesi
europei (e non solo europei). Tra le possibili spiegazioni, vi è
certamente anche una composizione del portafoglio ordini più
sbilanciata verso il lungo periodo: oltre un terzo delle imprese ha
ordini per più di 6 mesi (nel manifatturiero la percentuale scende
al 12%). Va, comunque, tenuto conto della ampia varietà di servizi
oggetto della rilevazione: Ict, logistica, turismo, servizi alla
persona, servizi professionali e di consulenza.
L’ottimismo
è diffuso a quasi tutti i comparti terziari. In particolare,
esprimono valutazioni molto simili le aziende dei comparti Ict,
servizi all’impresa, servizi alla persona, logistica, utilities;
più caute solo le imprese del comparto turistico e del commercio.
«Il
nostro sondaggio di dicembre - commenta Fabio Ravanelli, presidente
di Confindustria Piemonte – accentua le preoccupazioni per la
tenuta del settore manifatturiero piemontese, che avevamo già
espresso nei mesi scorsi. Certamente, non si tratta, per ora ,di
chiari segnali di crisi o recessione. Piuttosto di scricchiolii, che
non vanno sottovalutati, soprattutto perché, anche nei prossimi
mesi, il contesto in cui le nostre imprese dovranno muoversi non sarà
favorevole. Incertezze globali, come quelle derivanti dalle crescenti
pressioni protezionistiche, si intrecciano a elementi più specifici
che interessano da vicino il nostro Paese e la nostra regione: primo
tra tutti, le dinamiche, ancora difficilmente valutabili, del settore
automotive».
«È
inutile nascondersi che le difficoltà della nostra manifattura non
sono transitorie – commenta il presidente dell’Unione Industriale
di Torino, Dario Gallina - È importante mettere in campo tutti gli
strumenti di politica industriale per rilanciare la crescita.
Purtroppo non è questa l’impostazione della manovra di bilancio
appena approvata, che contiene un coacervo di provvedimenti slegati e
spesso con un connotato più o meno anti-industriale, come nel caso
della tassazione su plastica e zucchero, del sequestro preventivo,
delle concessioni, delle risposte alle crisi aziendali. Manca,
soprattutto, una qualunque visione di medio periodo sulle priorità
di sviluppo, in un momento in cui è più che mai necessario guardare
oltre l’emergenza di brevissimo periodo».