Vediamo gli effetti delle singole
misure. Nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.
Per evitare il fallimento delle pmi, il legislatore ha introdotto
questo codice anti crisi che impone anche alle srl di piccole
dimensioni di nominare un organo di controllo composto o da un
collegio sindacale o da un sindaco unico o da un revisore dei conti.
Operazione che obbliga, tra l'altro, la modifica dello statuto
societario. L’obbiettivo di questa misura ? Rilevare precocemente i
primi segnali di crisi di una azienda attraverso la tempestiva
adozione di misure idonee a superarla, quando possibile, o a
regolarla, prima dell’insolvenza conclamata. La scadenza per la
nomina dell’organo di controllo era prevista il 16 dicembre 2019.
Si chiedono alla Cgia: siamo certi che
questa misura, pur riconoscendole di avere nel Dna dei nobili
propositi, alla fine non contribuirà ad attivare “solo” qualche
consulenza aggiuntiva a tantissimi liberi professionisti ? I costi
per adempiere agli obblighi imposti dal “Codice della crisi
d’impresa e dell’insolvenza” sono molto importanti: secondo
un’analisi condotta dal Cerved , sulle micro e sulle le pmi
ammonterebbero complessivamente a 2,9 miliardi di euro, anche se nel
proseguo degli anni potrebbero far risparmiare al sistema economico
del Paese circa 6 miliardi. Tuttavia, se i costi iniziali sono certi,
diversamente sarà molto difficile “quantificare” i vantaggi
futuri legati agli ipotetici mancati fallimenti aziendali.
“Purtroppo, i tempi e i costi della
burocrazia – afferma il segretario della Cgia, Renato Mason –
sono diventati un dramma, che caratterizza negativamente una larga
parte dell’economia del nostro Paese. In particolar modo, le nostre
imprese, essendo prevalentemente di piccola dimensione, non
dispongono di strutture amministrative interne in grado di
fronteggiare queste problematiche, pertanto sono costrette a
ricorrere a consulenze, spesso molto onerose. Altresì, le pmi
necessitano di un servizio pubblico efficiente ed economicamente
vantaggioso, in cui le decisioni vengano prese senza ritardi e il
destinatario sia in grado di valutare con certezza la durata delle
procedure. Cosa che, purtroppo, avviene sempre più di rado”.
Stretta sugli appalti: obbligo di
inviare copia dei versamenti ritenute Irpef. Con il decreto fiscale
collegato alla manovra di Bilancio 2020, che è stato approvato
definitivamente nei giorni scorsi, viene ora disposto l’obbligo,
per chi affida il compimento di un’opera o un servizio di importo
annuo superiore a 200 mila euro, di richiedere all’impresa
appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, copia
degli attestati di versamento delle ritenute operate sulle
retribuzioni corrisposte al personale impiegato nell’esecuzione
delle opere o dei servizi affidati.
Adempimento, ricorda la Cgia, che ha
l’obbiettivo di contrastare il mancato versamento delle ritenute
Irpef dei dipendenti; irregolarità, quest’ultima, molto diffusa
nelle filiere del settore edile. In caso di mancata risposta, oppure
se risultano omessi o insufficienti versamenti, il committente dovrà
sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa.
Pertanto, queste disposizioni obbligheranno queste attività ad
inviare le deleghe e le informazioni necessarie per verificare il
versamento delle ritenute, ovviamente con costi aggiuntivi che
l’Ufficio studi della Cgia stima in almeno 300 milioni di euro
all’anno.
Operazione, tra l’altro, molto
complessa, visto che l’alta flessibilità presente nel settore
edile, per esempio, porta moltissime piccole imprese a lavorare per
più di un committente, anche nello stesso giorno. Un carico di nuova
burocrazia che poteva essere evitato introducendo, anche per le
ritenute Irpef, la stessa procedura che utilizza l’Inps per
verificare il corretto pagamento dei contributi previdenziali, ovvero
il Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva). Per le
ritenute, ovviamente, il referente pubblico non poteva che essere
l’Agenzia delle Entrate.
Invio e memorizzazione telematica dei
corrispettivi, E' stato introdotto l’obbligo di memorizzazione e
trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all'Agenzia
delle Entrate; l’operazione dovrà essere eseguita anche dai
commercianti al minuto, dagli artigiani e dai soggetti assimilati.
L’obbligo, entrato in vigore l’1 luglio 2019 per le aziende con
fatturato superiore a 400.000 euro, viene esteso a tutti gli altri
operatori a partire dal prossimo 1 gennaio 2020.
Per le piccole e micro aziende la
memorizzazione e la trasmissione telematica dei corrispettivi
dovranno essere effettuate tramite un registratore telematico. Tra
chi lo dovrà acquistare perché, per legge, fino ad ora non era
obbligato ad averlo, chi lo dovrà sostituire o dovrà, l’Ufficio
studi della Cgia stima in 1.600.000 le unità produttive interessate
dall’operazione. Al netto dei benefici fiscali riconducibili
all’ammortamento del costo, l’aggravio per ogni azienda è
stimato in circa 300 euro. Per adempiere a questo obbligo, pertanto,
le piccole e micro aziende dovranno sostenere un costo complessivo,
una tantum, di circa 500 mila euro. Fino al 30 giugno 2020, comunque,
sarà in vigore un periodo transitorio di sospensione delle sanzioni,
pur essendo vigente l’obbligo dell’invio.