Le esportazioni del settore componenti
rappresentano il 4,8% di tutto l’export italiano, mentre le
importazioni valgono il 3,7% circa, quote che salgono rispettivamente
al 5% e al 4,2% se si esclude dal totale dei flussi commerciali il
comparto energia.
L'intero 2018, per la componentistica,
si era chiuso con l’export a +5%, per un valore di 22,39 miliardi e
con un saldo positivo della bilancia commerciale di 6,8 miliardi
(+17%).
“Per la prima volta dal 2014,
l’export della componentistica automotive italiana registra una
flessione nel primo semestre - ha dichiarato Marco Stella, presidente
del Gruppo Componenti Anfia, l'associazione nazionale della filiera.
A gennaio-giugno 2019 calano anche la produzione (-6,5%), gli
ordinativi e il fatturato delle parti e accessori per autoveicoli e
loro motori. Questi dati cominciano a riflettere anche gli effetti
del calo della produzione di autovetture in alcuni mercati europei,
in particolare la Germania, dove la contrazione è stata del 10,8%
nel primo semestre 2019. (il calo è stato del 20,2% nel Regno Unito,
del 19,1% in Italia e del 6,8% nella Ue, ovvero 600.000 vetture in
meno rispetto al 1° semestre 2018)”.
“E’ sullo sfondo di questa
congiuntura internazionale che l’automotive e quindi anche il
settore della componentistica – ha aggiunto - si trova ad
affrontare sfide complesse. In riferimento alle questioni ambientali,
gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dall’UE
per le nuove vetture e van nella fase successiva al 2020 sono molto
ambiziosi – -15% al 2025 rispetto ai livelli del 2021 e -37,5% al
2030 rispetto ai livelli del 2021 – e forzano l’industria a
mettere in atto una radicale trasformazione, in direzione
dell’elettrificazione dei veicoli, in tempi record e in assenza di
un adeguato quadro di condizioni abilitanti per la transizione verso
una mobilità a impatto zero. Impatto zero che a mio avviso dovrebbe
valere possibilmente anche sotto il profilo sociale, tutelando posti
di lavoro, tessuto imprenditoriale e patrimonio di competenze”.
“Nella sfida dell’elettrificazione
-ha continuato Marco Stella - la filiera della componentistica deve
essere supportata da politiche industriali adeguate alla
valorizzazione delle competenze già esistenti sul territorio e
all’allargamento a nuove aree di mercato da presidiare, su cui,
spesso, l’Italia è al momento scoperta. Sappiamo, infatti, che nel
medio-lungo termine il mercato delle vetture con motori a combustione
interna vedrà ridurre la propria quota a favore delle auto ibride ed
elettriche (queste ultime significano minor numero di componenti, di
ricambi e di interventi di manutenzione). Certe competenze della
nostra filiera sono quindi destinate a perdere terreno per far posto
alle nuove, nel segno della riconversione produttiva”.
“La nostra filiera – ha concluso
Stella - si trova, in questa fase, a dover inevitabilmente aumentare
gli investimenti in R&S (nel 2018, il 69% delle aziende ha
investito in R&S e il 23% ha partecipato a progetti di sviluppo
di powertrain di nuova generazione e in formazione. E per gestire al
meglio la transizione industriale, ha bisogno di essere supportata
dalle istituzioni, per esempio attraverso un credito d’imposta
strutturale, ma anche nella direzione dell’aggregazione e della
crescita dimensionale delle aziende, come attraverso strumenti
finanziari che sostengano i piani di crescita delle PMI”.
La componentistica automotive è un
comparto chiave dell’economia italiana, che conta oltre 2.200
imprese, per un fatturato di 49,3 miliardi e 158.700 addetti diretti,
compresi gli operatori del ramo della subfornitura. Inoltre, mentre
la bilancia commerciale dell’intero settore automotive italiano ha
un saldo negativo, guardando alla sola componentistica il saldo è
positivo da oltre 20 anni (6,5 miliardi di euro la media annua dal
2007 al 2018).
La classifica dell'export per Paesi di
destinazione vede al primo posto sempre la Germania, con 2,4 miliardi
e una quota del 21% sul totale; seguono Francia (11% di quota), Gran
Bretagna (8,2%), Spagna (7,6%), Polonia (6%), Usa (5,2%), Turchia
(4%), Austria (3,3%), Repubblica Ceca (2,6%) e Ungheria (2,4%). Le
aziende italiane esportano verso l'area Nafta componenti per un
valore di 893 milioni, in diminuzione del 18%). Il valore dell’export
cala del 23% verso gli Usa e del 5% verso il Messico, mentre aumenta
del 2% verso il Canada.
Nel primo semestre 2019, le
esportazioni italiane di componenti verso l'area Mercosur valgono 308
milioni di euro, in aumento del 7% e con un saldo positivo per 257
milioni. Il primo mercato asiatico è la Cina (export per 168
milioni, -38% rispetto a gennaio-giugno 2018 e un saldo negativo di
423 milioni), seguita dal Giappone (142 milioni, -1%, con un saldo
negativo di 2,5 milioni). Tra i Paesi europei al di fuori dell’Ue,
diminuiscono le esportazioni verso la Turchia (-26%, pur mantenendo
un saldo attivo di 132 milioni di Euro), verso la Serbia (-37%) e
verso la Russia (-5%).