In
generale, la percentuale di posti di lavoro che restano scoperti, pur
essendo previsti dalle imprese, è in continua crescita: 21%
nel 2017 (860mila),
26%
nel 2018 (1,2
milioni) e 29%
tra gennaio e novembre di
quest’anno, con un picco del 31% negli ultimi due mesi.
Ma
perché mai in un Paese con un tasso di disoccupazione alto come
quello italiano tanti posti di lavoro rimangono scoperti? La risposta
non è una sorpresa: disinteresse
e mancanza di competenze.
Ci sono lavori che semplicemente gli italiani non vogliono fare; di
conseguenza, nessuno si prepara per imboccare quei percorsi.
Tra
le professioni più snobbate ci sono quelle del commercio e dei
servizi, come cuochi,
baristi
e
camerieri
(273
mila). Seguono gli operai
specializzati (262
mila) e le professioni
tecniche (225
mila). In percentuale rispetto ai posti previsti, il record spetta
agli insegnanti
di
lingue e di altre discipline, con il 65%; in seconda posizione
analisti
e progettisti di software con
il 60,7%, terzi gli specialisti
di saldatura elettrica con
il 60% e i tecnici
programmatori con
il 56%.
D’altra
parte, allargando lo sguardo al panorama di chi un lavoro ce l’ha,
appare evidente quanto il deficit di formazione sia un problema ben
più ampio nel nostro Paese, visto che il
35% dei lavoratori italiani è impiegato in settori che non hanno
nulla a che vedere con il percorso formativo svolto.