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Filiberto Martinetto, presidente Confapi Piemonte |
A riportare questi dati è la Cgia,
l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, che
contesta quanti sostengono che i piccoli imprenditori sarebbero
evasori. Oltre a ricordare che più del 70% degli artigiani e dei
commercianti non ha dipendenti, la Cgia si domanda: “con un livello
di reddito medio che, nonostante le difficoltà economiche, al Nord
supera i 30.000 euro, questi operatori quanta parte di reddito
nasconderebbero al fisco?”
Di segno opposto, invece, la situazione
al Sud, dove i livelli di reddito sono molto contenuti; “ma, in
alcune zone del Mezzogiorno, fare impresa è sempre più difficile e,
per molti, il ricorso all’evasione consente di recuperare liquidità
per mantenere in vita l’attività”.
In Italia, l’evasione fiscale è
stimata in oltre 113 miliardi di euro all’anno Nel 2016 (dato
disponibile più recente) è stata del 16%: ciò vuol dire che, per
ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, 16 rimangono
illegalmente nelle tasche degli evasori.
Le regioni più a rischio evasione sono
quelle del Sud: per la Calabria la stima di evasione è del 24,2 %,
per la Campania 23,2%, per la Sicilia 22,2% e per la Puglia 22%.
Nelle regioni del Centro-Nord, invece, si va dal minimo del 12% della
provincia autonoma di Bolzano, il 12,5% della Lombardia e il 13,3%
sia della provincia autonoma di Trento che del Friuli-Venezia Giulia
al 13,8% del Veneto, il 14,1% dell'Emilia-Romagna e il 14,4% del
Piemonte.
In particolare, per il Piemonte, che
nel 2017 contava 147.302 contribuenti soggetti agli studi di settore,
è stato stimato che l'economia non osservata (il “nero”) sia
pari al 12,4% del valore aggiunto e che le imposte evase nel 2016
siano ammontate a 7,869 miliardi.
Ma ad evadere sono i piccoli ? “Ammesso
e non concesso che l’evasione sia riconducibile quasi
esclusivamente ai piccoli operatori economici – riferiscono dalla
Cgia - come si spiega che negli ultimi dieci anni il numero degli
artigiani e dei piccoli negozianti è sceso di 160 mila unità? Se si
guadagna bene e si pagano poche tasse, come è possibile che il
numero di queste attività sia crollato?”
Al di là della provocazione, è
evidente che il mondo dell’evasione/elusione fiscale presente in
Italia è molto più articolato di come viene superficialmente
descritto da molti osservatori. Se il barista o l’idraulico non
emettono lo scontrino o la ricevuta fiscale, il cliente finale se ne
accorge ed è in grado di denunciare l’infrazione. Che potere di
interdizione ha, invece, di fronte all’evasione delle grandi
multinazionali del web che, secondo il Fondo Monetario
Internazionale, sottraggono al fisco italiano 20 miliardi di euro
all’anno?
E ancora. Dopo gli scandali di “Panama
Paper” e della “lista Falciani” – dove un numerosissimo
gruppo di faccendieri, finanzieri, manager pubblici, grandi
imprenditori, vip del mondo dello spettacolo hanno trasferito
illegalmente decine e decine di miliardi nei paradisi fiscali di
tutto il mondo - quanti cittadini onesti si sono indignati di fronte
delle misure legislative applicate in questi ultimi anni (come la
voluntary disclosure) che hanno consentito a molti di questi soggetti
di “sanare” la propria posizione nei confronti del fisco
italiano?
“E ancorché non si possa parlare di
evasione, perché mai l’opinione pubblica non si scandalizza nei
confronti di molte holding italiane, private e persino pubbliche, che
da qualche anno hanno trasferito la sede legale principale, o di una
consociata, nei Paesi Bassi, per beneficiare anche della fiscalità
di vantaggio offerta da questo Paese?” si è chiesta la Cgia.
Il fisco ha tutti gli strumenti per
scovare gli evasori e continua a fare tanti controlli; ma i circa 110
miliardi di evasione fiscale e contributiva denunciati dal ministero
dell’Economia e delle Finanze sono pressoché stabili da almeno 10
anni, mentre nello stesso periodo l’Amministrazione finanziaria ha
visto aumentare notevolmente il numero di strumenti a disposizione
per contrastare chi evade il fisco.
In estrema sintesi, le principali
misure sono: 1) abolizione del segreto bancario; 2) obbligo di
segnalare all’Uif (Unità di Informazione Finanziaria) le
operazioni mensili superiori a 10.000 euro; 3) Isa(Indicatori
Sintetici di Affidabilità); 4) controlli contro la mancata emissione
di scontrini e ricevute; 5) redditometro; 6) comunicazione dati
liquidazioni periodiche Iva; 7) 117 (numero di pubblica utilità
della Guardia di Finanza); 8) Serpico (super cervellone che registra
decine di migliaia di informazioni al secondo, mettendo a confronto
dichiarazioni dei redditi, polizze assicurative, informazioni del
catasto, del demanio, della motorizzazione, etc. di tutti i
contribuenti) 9) metodologie di controllo delle Pmi e dei lavoratori
autonomi; 10) limite all’utilizzo dei contanti fino a 3.000 euro;
11) split payment; 12) fattura elettronica; 13) reverse charge.
Sul fronte dei controlli, delle
verifiche e degli accertamenti, infine, nel 2018 l’Amministrazione
finanziaria ha inviato oltre 1, 9 milioni di lettere per
l’attivazione della compliance (richieste di chiarimenti su
irregolarità riscontrate o potenziali); inoltre, sono stati
effettuati quasi 152.500 accertamenti ordinari nei confronti delle
imprese; quasi 252.000 accertamenti parziali automatizzati e quasi
531.000 controlli strumentali effettuati dalla Guardia di Finanza.